Miriam Mellerin: “Miriam Mellerin”. La recensione

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Miriam Mellerin
Miriam Mellerin - Artwork- "Miriam Mellerin"

E’ difficile ascoltare questo esordio dei Miriam Mellerin senza azzardare influenze e paragoni. La prima band che viene in mente, ascoltando questa giovane formazione, è il Teatro degli Orrori. Il sound prodotto è davvero molto simile, in particolar modo in alcune canzoni, ovviamente con le giuste differenze, ovviamente con diversi arrangiamenti e scelte che si discostano da quelle di Pierpaolo Capovilla e soci ma, le somiglianze, sono davvero evidenti: c’è la stessa voglia di creare un caos a cui si uniscono parole che sono altrettanto irriverenti, altrettanto potenti che vogliono rapire l’ascoltatore per portarlo in un mondo magari non proprio paradisiaco ma, quanto più reale possibile.

I tre giovani ragazzi di Pisa stanno iniziando a farsi conoscere nell’ambiente musicale partendo da un disco, omonimo al nome scelto per la band, che sicuramente non si può definire una scelta facile. Sono sette canzoni profondamente d’impatto, che navigano costantemente fra l’inglese e l’italiano, che navigando fra un cantato urlato, fra un cantato quasi sussurrato e un duetto vocale (vedi “Parte di me”) che si apprezza davvero molto.

I Miriam Mellerin nascono a Pisa ad inizio 2010 e, in questi due anni, riescono a farsi conoscere nel mondo dell’underground musicale salendo sul palco assieme a Giorgio Canali, Titor, Gazebo Penguins e molti altri. Dopo essere stati notati da Edoardo Magoni che solitamente si ricorda come produttore dei Kobayashi, la band produce questo disco composto da sette canzoni e da una copertina che sicuramente richiama l’attenzione per qualche minuto buono.

Il trio vede Diego Ruschena come voce e basso del gruppo assieme a Diletta Casanova per il brano “Parte di me” ed “Insetti”, Daniele Serani alla chitarra e Pietro Borsò alla batteria. Il potenziale dei tre ragazzi si nota e si percepisce fin dal primo ascolto. Se si dovessero catalogare con le tanto amate etichette musicali, ci troviamo in un territorio di puro noise rock, alternative rock e di tutto ciò che si può inserire come una sfumatura del rock ma che non è puro rock. Gli amanti de Il Teatro degli Orrori (in particolar modo del primo disco di essi “Dell’impero delle tenebre”) non potranno sottrarsi ad un ascolto dei Miriam Mellerin, i quali mostrano una grande voglia di stupire con una musica (ancora una volta ci troviamo a dirlo, purtroppo) forse poco “orecchiabile” per il nostro paese abituata ad altro.

Miriam Mellerin: “Miriam Mellerin”, l’analisi del disco

Miriam Mellerin – Tracklist “Miriam Mellerin”:

Miriam Mellerin
Miriam Mellerin - Artwork- "Miriam Mellerin"
  1. Parte di me
  2. Made in Italy
  3. Insetti
  4. Trust
  5. Ostrakon
  6. B.H.O.O.Q.
  7. Stilnovo

Si parte proprio con “Parte di me”, una delle canzoni più rappresentative dell’intero lavoro. L’unione delle due voci risulta piacevole e porta l’ascoltatore a conoscere meglio questa band. Forse si sta abusando un po’ troppo di questo paragone con la formazione di Capovilla ma, sono stati gli stessi Miriam Mellerin a non nascondersi dietro ad un evidente amore musicale, segnalando il Teatro degli Orrori come la loro band di riferimento in Italia.

Si passa poi a “Made in Italy” che con la voce di sottofondo “Scappa” fa rimanere un tantino perplessi. Anche questa canzone ha bisogno d’ascolti. Sembra che maturi con il tempo, sembra che riesca a trovare una sua dimensione dopo qualche ascolto. La prima sensazione che si prova è uno stordimento che lentamente passa a forza di repeat.

Se si dovesse eleggere la canzone più rappresentativa del lavoro, probabilmente si punterebbe su “Insetti”, una storia di un animale chiuso in una casa disabitata. C’è potenza in questa canzone, c’è un delirio musicale che lascia piacevolmente colpiti, c’è la voglia di scoprire come sarà la carriera di questa band e, avendo a disposizione solo sette brani, penso sia uno dei più bei complimenti che si possa fare ad una formazione che si è appena affacciata sul mondo musicale “che conta”.

Si passa poi all’inglese di “Trust”, brano che ha fin troppe influenze e, si naviga in un nuovo registro. Qui Capovilla e soci vengono abbandonati per un post-rock più internazionale. L’inglese ha la facilità di parole che suonano da subito più “facili”. Si sa, l’italiano non è propriamente una lingua facile da utilizzare per chi vuole proporre una musica underground e alternativa; quando si riesce a miscelarlo nella giusta maniera, però, nulla risulta banale. La scelta dell’inglese probabilmente è paragonabile all’apertura di una porta, ad una dimostrazione che la band vuole fare, proprio per segnalare la contemporaneità dei due linguaggi. Di “Trust” si segnala la scelta musicale sottostante che fa quasi prendere un respiro dopo la complessità musicale dei primi tre brani.

In “Ostrakon” riprendiamo il percorso musicale di inizio disco. Il pezzo risulta essere da subito molto forte, con un urlo che si spegne quasi fosse uno strumento musicale. E’ forse uno dei brani che rimane più impresso assieme a “Insetti” e “Parte di me”. “Ostrakon” mostra anche un testo che richiama fortemente il potere delle liriche di Capovilla, riuscendo in alcuni punti ad essere “semplificato” e ciò, non è sicuramente un male.

Penultima canzone “B.H.O.O.Q.”, riprende nuovamente l’inglese, riprende nuovamente un sound acceso e rabbioso, riprende un mix di influenze che poi sfociano in una canzone che ha un riff spagnoleggiante. Un nuovo sbocco musicale inaspettato per l’ascoltatore che, in solo sette canzoni, si trova a gestire tre macromondi musicali.

Si conclude l’esperienza “Miriam Mellerin” con “Stilnovo” che nient’altro è che la poesia di Cecco Angiolieri “S’i fossi foco” rivisitata. Come ci insegnano a scuola, il sonetto è un baluardo del genere per la sua profonda irriverenza ed ecco che la band ha deciso di renderlo attuale, renderlo un perfetto inno poetico – musicale, ovviamente in chiave alternativa.

Un esordio sicuramente molto interessante e ruvido questo dei Miriam Mellerin, un trio che merita tutta l’attenzione del mondo underground italiano e non solo. C’è molto, forse troppo in queste sette canzoni che risultano avere un impatto che non abbandona facilmente l’ascoltatore. Paragonati ai primi Teatro degli Orrori e ai primissimi Marlene Kuntz; riferimenti musicali a Tool e Jesus Lizard, i Miriam Mellerin dovranno, dopo questo esordio che desta curiosità, approfondire una via musicale e creare una identità che riesca a discostarli da tutte queste influenze che devono rimanere tali ma non si possono dilatare fino ad oscurare il reale potenziale della formazione. Un esordio potente e deciso per i Miriam Mellerin, un esordio intrigante e appassionante che spinge a voler già sapere quali sono le prossime intenzioni musicali della band, di cui sentiremo sicuramente parlare ancora.

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