Bunarma: “Rrichiamu”. La Recensione

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Bunarma - Rrichiamu - Artwork

“Rrichiamu” dei Bunarma, il vernacolo in musica e poesia. Basterebbe questo per descrivere il nuovo lavoro della band calabrese, ma tutto ciò sarebbe riduttivo, perchè è giusto che di questo gruppo se ne parli, i quattro ragazzi di Palmi (RC) hanno tanto da dare e lo dimostrano in questo album.

I Bunarma, una storia di musicisti di Anima Buona

Parlando dei Bunarma, prima di introdurre questo singolo lavoro, bisogna un poco tornare alle loro radici, partendo da quando Asia Garipoli, voce e cori nel gruppo, e suo fratello Saverio Garipoli, che si occupa di scrivere quasi tutte le musiche e i testi oltre che cantare e suonare la chitarra nel gruppo, si uniscono al bassista e contrabbasista Sasà Filippone e al batterista Meki Marturano. Nasce dopo poco “Ncantu”, loro primo lavoro a cui è seguito anche un recital omonimo da cui è partita l’attività live del gruppo, fino ad arrivare qualche anno fa all’omonimo album “Bunarma”, di cui abbiamo anche scritto in questo blog, in cui già si vede la maturità di questi ragazzi, che trattano, seppur variando tra l’italiano ed il dialetto, temi sociali. “Rrichiamu” è un album di conferme, arriva dopo che i Bunarma hanno vinto il contest musicale “Edison – Change The Music 2010”, ormai un anno e mezzo fa, con la solita grinta e passione che nel corso degli anni hanno fatto si che la band potesse essere notata.

Bunarma Rrichiamu
Bunarma - Rrichiamu - Artwork

Masterizzato da Alessandro Luvarà, prodotto da Verbamanent e Lifegate Radio, “Rrichiamu” inizialmente ci delude, ma quella che andremo a dirvi è forse l’unica pecca del disco, ed alla fine è anche irrilevante. Il packaging del CD è classico, supporto in plastica e booklet nella media, per un lavoro come questo ci saremmo aspettati qualcosa di più intimo, magari un cartonato particolare.

“Rrichiamu” track by track

Ad ogni modo, superato questo scoglio iniziamo l’ascolto con “L’Inno“, brano che ha anche anticipato il disco  con un video, da esso si capisce subito che i Bunarma hanno scelto di muoversi verso nuovi orizzonti, non abbandonando la strada già fatta, bensì arricchendola di nuove sonorità, muovendosi più verso il pop rock e inserendo, in maniera ottima, suoni più elettrici. La voce di Saverio Garipoli lancia bene il brano, ma è quella di Asia a segnare la differenza tra un sogno ed una realtà ormai compiuta.
Il testo completamente in italiano del primo brano potrebbe fare storcere il naso ai fan di vecchia data, ma già nella seconda canzone, “Rrichiamu”, che da anche il titolo all’album, si torna alle forme dialettali, con in particolare le percussioni di Meki Marturano che fanno da base ad una ispiratissima cantante. E’ da dire che il richiamo della terra, come dice il titolo stesso, si fa già sentire, la Calabria è al centro dei testi di questi ragazzi, i suoni si animano con tanto di chitarra elettrica, quello che per abitudine viene visto come contrasto è invece trasformato nel momento più bello della canzone.

Si torna al cantato in lingua italiana, e come già vi abbiamo detto per i Bunarma le radici sono importanti, così “Terra” è l’ulteriore conferma, e per loro radici significa anche non dimenticare da dove sono partiti, nè come musicalità, nè come genere musicale, il ritorno all’etnico è così condito da un pezzo in lingua araba che ben indica quelle contaminazioni che fanno crescere.

Arriviamo a “Jus primae noctis”, brano che già dall’apertura ci stupisce positivamente grazie alla presenza di Otello Profazio in qualità di voce narrante. Una via di mezzo tra una leggenda ed una storia vera, un racconto di ribellione,  la voce di Saverio Garipoli ancora una volta ben rende su una base che migliore non poteva essere, una base che richiama quei classici suoni che sanno di Irlanda.

Si passa a “Alternativo amore” e si torna ancora una volta al cantato tutto in italiano, forse il brano più orecchiabile di tutto il disco e potenziale singolo di successo. Il brano, che vede tra l’altro tra gli autori la presenza di Vincenzo Incenzo, nei passaggi in cui Asia fa sentire la qualità della sua voce ricorda quelli di tante grandi voci femminili del panorama italiano.

Sui suoni del mare inizia la “Ballata di Donna Canfora”, un’altro di quei racconti musicati che nel vernacolo trovano la dimensione ideale.  Di vena altamente cantautorale (avremmo ben visto interpretata anche per dire da Carmen Consoli questa canzone), è una canzone di trasporto che per un attimo ci fa rilassare.

I ritmi si alzano nuovamente in “Trema la terra”, il brano forse più vicino ai quattro Bunarma in quanto parla proprio della loro città Palmi. La musica naturalmente ravviva gli animi, ma è il rincorrersi delle voci di Saverio ed Asia che ci colpisce più del dovuto.

Ancora un racconto, ancora il dialetto calabrese ha un ruolo primario, “Sangu a Monteluni” sa ancora di sociale. Per l’ennesima volta i ritmi cambiano e si susseguono producendo la giusta armonia. Il testo non è da sottovalutare, ricopre un ruolo essenziale.

Musica intima, con Sasà Filippone che suona anche il violoncello, e la chitarra flamenco di Josete Ordonez, e voce soave nell’interpretazione di Asia in “Fimmana”, brano che mette in evidenza il ruolo della donna e lo fa in un modo senza eguali, dando l’emozione di un recitato delle migliore opere.

Meki Marturano e Sasà Filippone firmano “Scindinu”, che nonostante il titolo è cantata quasi tutta in italiano. Canzone con motivetto che entra subito nella testa e che potrebbe essere tranquillamente un altro singolo piacevole. E’ forse il brano che alla fine dell’ascolto ci piacerà di meno, ma che salviamo comunque per il bel finale.

Si torna a cantare di Calabria in “Lu ‘mpegnu di luttari”, davvero un bel brano, con cambi di tempi ben curati, il suono della ciaramella che si posa senza elevarsi sugli altri suoni. E’ sicuramente la scelta giusta prima della chiusura del cd.

La chiusura del disco arriva con “Cca’ non manca nenti”, un gran finale, giustamente in vernacolo e con un netto richiamo alle classiche tarantelle, con le giuste contaminazioni elettriche, con i giusti arrangiamenti moderni. Il brano che vede la presenza di Nino Palermo ai cori e al mandolino, per l’ennesima volta è una denuncia sociale, per l’ennesima volta è il riscatto di una terra che può dare tanto, ed i Bunarma lo sanno.

Il disco finirebbe qua, in realtà i Bunarma ci deliziano con una Bonus Track, “L’uccisione di Dragut Rais”, tratta dall’EP “Aundi Vai”, realizzato insieme ai ragainerba, un gran regalo per i fan ed un giusto tributo al loro passato.

Alla fine dell’ascolto possiamo dire che il disco merita di essere ascoltato e mette in mostra i miglioramenti ottenuti da questi ragazzi, che realmente si trovano ormai ad un passo dal diventare stelle. Noi mentre ci godiamo questo album, scommettiamo su loro e gli auguriamo che il successo possa arrivare quanto prima

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