Therapy?: “A brief crack of light”. La recensione

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Therapy? - A brief crack of light - artwork

A volte, per un gruppo, possono passare anni prima di tornare al sound originario. Anni di musica, di dischi e anche di successi, ma si torna spesso e volentieri sempre lì, alle origini, alla musica che ti scorreva nelle vene da ragazzino e che ti ha fatto imbracciare uno strumento decidendo di intraprendere la difficile carriera del musicista. Ma quando torni, non sei più lo stesso di prima. E qualcosa del tuo viaggio rimane nella musica che fai, “sporcandola” inesorabilmente.

Un esempio di questo tipo lo si può trovare nel nuovo disco dei Therapy?, gruppo alternative metal irlandese composto dal chitarrista/cantante Andy Cairns, dal bassista Michael McKeegan e dal batterista Neil Cooper e che era salito alla ribalta anni fa con un pezzo come “Diane“, un sofferto rock orchestrale, dimenticando un pochino le origini del gruppo, origini metal e hard rock che li portarono al successo con un disco come “Troublegum” nel 1994, disco di puro alternative rock.

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Therapy? - A brief crack of light - artwork

Il nuovo disco dei Therapy?, “A brief crack of light“, parte proprio dal suono degli esordi, un metal molto ruvido e particolare, sapientemente disegnato e reso particolare dalla voce di Cairns e dalle sue schitarrate, nonchè dalle invenzioni musicali che il gruppo riesce ad inventarsi ogni volta. E che non mancano anche in questo disco.

Il primo pezzo del disco (scelto anche come singolo) è “Living in the shadow of the terrible thing” ed è un rock duro e puro con una linea basso-batteria serratissima e che introduce alla sua maniera al disco. Il secondo pezzo, “Plague Bell“, ricorda molto lo stile dei primi Faith no More (precisamente di canzoni come “What a day“) e potrebbe insegnare un paio di cosette a qualche gruppo di ragazzini convinti di suonare alternative rock.

Il terzo pezzo, “Merlow“, si stacca completamente dai primi due solo per l’arpeggio iniziale di chitarra, per il resto è uno dei pezzi più solidi e meglio riusciti del disco, dove emerge anche una vena quasi pop grazie all’uso dei cori: prenotiamo questo brano per un prossimo FIFA o PES, ci andrà.

Ma è solo un attimo, visto che il quarto brano, “Before you, with you, after you“, rientra subito nella tradizione del gruppo, insieme al pezzo successivo, “The buzzing“, forse il più debole del disco.

Come spesso capita nei dischi dei Therapy?, ci sono più brani legati tra di loro, e questo disco non fa eccezione. Ad essere uniti insieme sono gli ultimi brani. Il sesto brano, “Get your dead hands off my shoulder“, presenta un caratteristico contro-tempo e un bel lavoro di chitarra in sottofondo, con un ritornello molto efficace e si lascia davvero ben ascoltare. Dalla chitarra del sesto brano parte il settimo, “Ghost trio“, un brano molto simile al precedente, che poi sfocia nell’ottavo brano, “Why turbulence“, un brano con una linea di chitarra e di basso distorti che è un piacere ascoltare.

Neanche il tempo di rifiatare e ci ritroviamo nelle atmosfere claustrofobiche e drummeggianti di “Stark raving sane” che improvvisamente si ferma e si sente in lontananza solo il suono di un hammond modificato. E’ l’inizio di “Ecclesiastes“, il brano che non ti aspetti e che è anche uno dei meglio riusciti dell’intero disco. Come dare agli Air la possibilità di fare alternative rock.
La voce del ritornello intona che “everything’s under the sun“, tutto è alla luce del sole, soprattutto il talento di questa band irlandese che, nonostante non abbia più i riflettori puntati addosso, continua a sfornare e vendere dischi eccellenti (nella loro carriera i Therapy? hanno venduto almeno 2 milioni di dischi).

Il disco si intitola “Un breve attimo di luce“. Come quello che abbiamo visto noi ascoltandolo. Probabilmente non venderà molto, ma un paio di brani sono già dentro il mio lettore.

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