Jovanotti pubblica i sonetti sgangherati

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Jovanotti | © Vittorio Zunino Celotto/Getty Images

Lorenzo Jovanotti si dedica ai componimenti poetici o come li chiama lui “sonetti sgangherati”. Dopo il successo di “Ora“, la ripresa del tour a Febbraio e gli auguri per le festività, ecco che Jovanotti ritorna in versione poetica in diretta su Facebook. Non c’era bisogno di certo di aspettare Jovanotti per rendersi conto che i tempi sono cambiati e ormai i famosi sonetti non vengono più scritti su fogli di carta ma bensì pubblicati direttamente sui social network ma ecco la conferma.

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Jovanotti | © Vittorio Zunino Celotto/Getty Images

Proprio qualche ora fa, leggendo il Twitter del cantante, ecco cosa ha pubblicato “ho messo qualche nuovo sonetto sgangherato sul mio FB” con tanto di collegamento alla sua pagina ufficiale. L’artista ama e soprattutto utilizza molto sia Twitter che Facebook dove i fan possono così apprendere in diretta notizie da lui postate senza necessariamente andare sul sito internet ufficiale.

Indagando all’interno del profilo Facebook di Jovanotti si può apprendere che il cantante così esordisce nello spiegare questi sonetti:

Mettendo un po’ di ordine tra i miei files trovo cose scritte un anno fa, ve le posto, così, in tempo reale. Sono abbozzi di idee, appunti, spunti, cose da buttare, magari da buttare in un campo che non si sa mai che germoglino…

Subito dopo questa dichiarazione ecco apparire il primo componimento seguito da altri tre sonetti, questa volta corredati anche da un titolo. Ecco di seguito le composizioni che Jovanotti ha voluto condividere con i suoi fan:

andavo pazzo per gli gnocchi che mia madre

preparava il giovedì mattina

e io ero a casa perché andavo a scuola con il doppio turno

e la farina

mi rimaneva addosso tutto il giorno

e li mangiavo crudi mentre lei andava in camera a farsi bella

e un giorno le vidi il seno riflesso su uno specchio

non previsto

e ancora lo ricordo e mi fa caldo

e andavamo al mercato

e mi comprava un cartoccetto di olive

buone

ed era bella la mia mamma

e le sorridevano tutte le persone

il panettiere il calzolaio

il fruttivendolo e il giornalaio

il portiere del mio palazzo di sei piani davanti

al cupolone

era un palazzo del vaticano

e noi stavamo al primo piano

e sopra di noi c’era una cantante lirica

che si allenava ogni mattina

e la sua voce riempiva le scale

come l’odore di candeggina

che poi imparai che se la spruzzavi

sopra un paio di jeans ancora buoni

diventavano tutti a chiazze

come quelli dei beati freakettoni

e i freakettoni a me piacevano

perché se ne stavano sempre in giro

e avevano scarpe consumate

e un andamento agile e leggero

poi dopo anni certi di loro

eran vestiti giacca e cravatta

altri era morti di qualche droga

e c’è qualcuno che poi ce l’ha fatta

in classe mia c’era un mio compagno

che il padre lui non lo conosceva

sua madre era alta bionda e profumata

e nessuno sapeva quello che faceva

era diversa dalle altre mamme

quando ogni tanto era fuori scuola

io e suo figlio eravamo amici

qualche anno dopo poi finì in galera

dissero che aveva ucciso suo padre

ma era una storia di motorini

ma poi a me mi arrivò la musica

che ci scombussolò tutti i destini

i miei fratelli erano scout e mi ci iscrissi

pure io

nella parrocchia c’era di tutto

e questo tutto per me era Dio

c’erano femmine preti in borghese

copie del “male” e di “lotta continua”

padri integerrimi figli illegittimi

e una Madonna dall’aria seria

era diritta in piedi sul mondo

e con un piede sopra a un serpente

con il suo sguardo era come se

guardasse tutto senza dire niente

e io ero piccolo e quel serpente

a me sembrava che fosse vivo

ma non avevo mica paura

anzi ogni volta mi ci fermavo

e poi al posto di una preghiera

fantasticavo fantasticavo

fantasticavo e lo faccio ancora

fantasticare fantasticare

è diventata la mia preghiera.

Sonetto primitivo:

mi sono incamminato su un sentiero

senza cercare niente di preciso

assorto nel pensiero procedevo

un passo dopo l’altro più leggero

intanto la città si allontanava

e il cellulare dava zero tacche

le impronte dei cinghiali e certe bacche

un ramo rotto trasformato in clava

adesso sono nudo e vivo qua

coperto da una frasca accendo un fuoco

mi curo delle mie necessità

qualcuno penserà che questo è un gioco

io lo pensavo ancora tempo fa

ma adesso vivo molto e penso poco

Sonetto della gente:

io non ci credo alla parola “gente”

esistono Francesco Paola Gianni

Peppino Jack Teresa Luca johnny

“il pubblico” è un fantasma inesistente

esiste Carlo Mohammad Laura Rosa,

la “pubblica opinione” è una bandiera

che gira con il vento della sera,

gli esseri umani sono un’altra cosa

io sono vivo sento penso ascolto

ma non sono lo specchio di una massa

non sono sale dentro all’acqua sciolto

non nuoto dentro a vasche di melassa

ho un cuore tutto mio come il mio volto

la musica mi alza non mi abbassa

Sonetto della nonna:

La vita è lo spettacolo dei giorni

Nessuno può sapere quanto dura

e mentre si dipana la stesura

Si alternano le andate coi ritorni

Non c’è un regista meglio di chi pensa

Che la regia migliore è non averla

Di chi se trova l’acqua è pronto a berla

E lascia aperta a tutti la dispensa

La vita non insegna e se lo fa

Lo fa per insegnare che nessuno

Potrà imparare mai la verità

Mia nonna che di anni ne ha ottantuno

Mi ha detto stamattina vieni qua

viviti ogni secondo, uno per uno

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