Da qualche giorno è stato pubblicato “Io e la mia ombra“, recente fatica dei Casino Royale, storica band italiana underground milanese. Ed è un disco sofferto, maturo, anzi post-maturità, se consideriamo “Reale” come la loro prova di maturità (per molti fallita) dopo l’ingombrante eredità lasciata dalla fuoriuscita dal gruppo di un leader del calibro di Giuliano Palma. Per superare lo shock, i Casino Royale hanno potuto sfruttare la tranquillità e la valvola di sfogo dalla pressione che si è rivelato essere “Reale” e hanno deciso di tornare a fare quello che sapevano fare meglio, cioè quel black-pop degli anni ’90 così pieno di influenze del Wild Bunch bristoliano e dei club londinesi ma sempre mescolato con la loro abilità nel tratteggiare le melodie vocali, tratto che da sempre li contraddistingue. Il nuovo disco, “Io e la mia ombra“, si allinea alle coordinate di lavori precedenti come “Dainamaita” e “Sempre più vicini“, il loro disco più famoso e più venduto, mettendo un attimo da parte lo ska e il drum’n’bass dei lavori successivi. E quindi via, molto più spazio al dub-black, all’uptempo, al reggae, al synth pop pseudo-Depeche Mode e all’urban soul, con in testa un unico messaggio: gli anni passano, ma la voglia di suonare c’è ancora e chi li ha amati non li abbandonerà, anzi si riavvicinerà al gruppo nonostante alcuni inevitabili “scivoloni” costruiti ad hoc per i passaggi radiofonici. Ci sono voluti vent’anni di tempo, di amore e di odio per far maturare la nuova coscienza dei Casino, una coscienza che è guarita dalle cicatrici del tempo e che oggi si accosta al soul, ai sentimenti, pubblici o privati, da raccontare agli altri, ma sempre con la voglia di criticare un sistema malato e senza perdere mai di dosso quella rabbia di fondo che non guasta mai. Una rabbia che ha cominciato a seguirli dall’esordio nei centri sociali, proseguendo durante il loro riconoscimento a livello musicale e la voglia di sfondare con dischi internazionali e che infine è sfociata nel ricongiungimento con le radici e con una maturità che sa finalmente come e cosa esprimere, senza mai perdere di vista la missione di “semina” nel terreno dell’undeground musicale italiano, sperando che il seme gettato faccia finalmente crescere qualcosa. E il primo singolo, quello che da il nome al disco, “Io e la mia ombra”, ha avuto un ottimo successo, tanto che i Casino Royale hanno deciso di affidarlo ad altre mani per far emergere tutte le sue qualità e caratteristiche. Il primo risultato è un remix a firma Pardo & Rata, il secondo è invece stato realizzato da The Pures (Keemani & Babyface). Noi vi proponiamo la versione originale, con molti richiami ai Clash.
Dopo l’expolit del singolo, i Casino hanno deciso di non accontentarsi del primo video, anzi hanno preso in mano la videocamera e realizzato da soli un secondo video, questa volta legato al brano “Città di niente“, brano che chiude l’album. Gli ingredienti del video sono semplicissimi: poche inquadrature, una macchina per scrivere che batte con inchiostro rosso il testo su di un foglio, un po’ di montaggio e poi via su YouTube. Il video è stato accompagnato da qualche riga che racconta la genesi del brano: “Si respira la voglia di cambiare in questo paese e se, come alcuni dicono, sarà una New Wave nostrana ci vogliamo augurare che sia un’onda lunga e che apra per davvero al nuovo. La prima ‘scheggia’ di questo pezzo risale al 1999, era una base di “Royalize” e il brano si chiamava “Sultan”.Nell’ultimo anno è stata scritta e ri-scritta per questo nuovo album e da una suggestione di Patrick, in tempi assolutamente non sospetti, è nato il testo che, dopo una cascata di immagini negative, apre ad una premonizione finale di rinascita.” Eccovi anche questo video: