Nella nostra società moderna e veloce, i farmaci sono entrati di peso nella nostra quotidianità prendendo un ruolo sempre più grande nelle nostre vite grazie alla loro diffusione e alla possibilità che ci danno di sopportare dolori, fatiche e malanni per continuare a vivere a mille all’ora. E la musica, che rispecchia da sempre momenti di vita contemporanea, non poteva non notare questo forte legame che si sta creando e parlarne a modo suo.
Moltissimi artisti sono stati capaci di inserire all’interno di quelle che sembrano in realtà delle semplici canzoncine dei riferimenti ben precisi ai farmaci e nei testi delle canzoni troviamo i nomi commerciali delle medicine che diventano quasi degli status symbol, dei must have, delle immagini iconiche legate al loro tempo e alla realtà che circondava (e in alcuni casi circonda tutt’ora) quegli artisti.
Un gruppo antesignano scopritore di questa relazione tra farmaci e musica moderna sono stati i CCCP-Fedeli alla Linea di Giovanni Lindo Ferretti nella loro “Valium, Tavor, Serenase” in cui citavano “Il Valium mi rilassa, Il Serenase mi distende, Il Tavor mi riprende“.
Questo tipo di spiegazione verrà ripreso qualche anno dopo dai Subsonica con la loro “Depre” tratta dal secondo disco “Microchip emozionale” in cui il gruppo fa una vera e propria lista della spesa di antidepressivi diventando alla fine quasi uno scioglilingua: “Aldol Darkene Triptizol Noan Anasclerol Valitran Serpax Vatran/Psycoton Serenase Liserdol Felison Flunox Control Quilibrex e Lexotan/Zoloft Lorans Depas Tavor Valeans Xanax Roipnol Luminale Seropram…”
Nel 1981 Vasco Rossi, che già con i doppi sensi di “Coca Cola” aveva destato qualche perplessità in una certa fetta di pubblico, cantò “Valium“, una canzone che parla dell’effetto allucinogeno e compromissorio dei riflessi del Diazepam fino a ipotizzare un suicidio in un crescendo di gocce da assumere per dimenticare forse un amore finito male: “100 gocce per dormire del tutto, non sentire più niente, cancellare la mente e domani mattina, domani mattina, domani mattina, non svegliarsi neanche.”
Qualche anno dopo è stato il turno di Sergio Caputo che incappò in uno spiacevole episodio con la sua canzone “Bimba se sapessi“, il brano di apertura del suo primo disco “Un sabato italiano”. La prima traccia inizialmente è intitolata Citrosodina ma, dopo qualche mese, Caputo riceve una telefonata dall’industria farmaceutica che produceva il digestivo, che lo invitava a dire “è un medicinale, leggere attentamente le avvertenze e le modalità d’uso”, così come voleva la ferrea legislazione del tempo. Fu così che il titolo fu cambiato in Bimba se sapessi e furono reincise le prime parole del brano, cambiate in “idrofobina vegetale” (che non esiste in natura) al posto di “citrosodina granulare“, modificando anche le note di copertina relative alle bevande. Oggi le prime copie dell’album con il titolo originale “Citrosodina”, e la relativa spiegazione su come assumerla, sono rarissime e particolarmente ricercate dai collezionisti, con quotazioni che raggiungono anche diverse centinaia di euro.
Nel 1998 fu invece Ligabue con la sua canzone “Tra palco e realtà” a parlare del Maalox, l’antiacido per eccellenza, che qui viene citato a casse “per pettinarsi lo stomaco” e, guarda caso, proprio il bruciore gastrico è in vetta alla hit parade delle patologie delle quali soffrono gli italiani.
Poteva mancare l’ironia di Elio e le Storie Tese in questa carrellata? Assolutamente no. Nella canzone “Supergiovane” il folle complesso italiano ricorda le ben note “Fave di fuca” e parla della leggenda metropolitana della combinazione tra Aspirina e Coca Cola che avrebbe effetti euforizzanti, leggenda che ha costretto addirittura la Bayer produttrice del farmaco a pubblicare una nota in tal senso sul suo sito ConsumerCare.
In tempi più moderni ci sono stati i Prozac+ (già il nome è tutto un programma) di Gian Maria Accusani, Eva Poles e Elisabetta Imelio, che con la loro “Pastiglie” si lanciano in una vera e propria orgia di pastiglie di tutti i tipi e colori per una società che ormai non riesce a fare più niente senza un aiuto chimico: “Pastiglie per viaggiare, pastiglie per dormire, pastiglie per mangiare, pastiglie per sognare, pastiglie per il bene, pastiglie per il male, pastiglie ad ogni ora di mille mille forme.”
Un’altra accusa alla società moderna la fanno i Baustelle di Francesco Bianconi con la loro “Charlie fa surf“, dedicata all’opera di Cattelan “Charlie don’t surf”: Charlie prende l’antidperessivo paroxetina ma il farmaco sembra più un tentativo di controllo da parte della società e della famiglia: “Vado in chiesa e faccio sport. Prendo pastiglie che contengono paroxetina. Io non voglio crescere. Andate a farvi fottere.” I Baustelle hanno affrontano anche in altre canzoni come “Panico” e “Perché una ragazza di oggi si uccide” il tema dei farmaci, spesso legandolo alla morte o al suicidio.
Non ci vanno leggeri neanche Il Teatro degli Orrori di Pierpaolo Capovilla che con la loro “Benzodiazepina” parlano di una famiglia di ansiolitici con la prima parte del testo che è la lettura del bugiardino di qualcuno di questi farmaci. Triste, angosciante, estraniante.
“Stati di ansia, squilibri emotivi collegati a stress situazionali o ambientali o ad affezioni organiche acute o croniche. Distonie neurovegetative, sommatizzazioni dell’ansia a carico di vari organi ed apparati. Sindromi psiconevrotiche, nevrosi depressive, agitazione psicomotoria, stati psicotici a forte componente ansiosa. Alterazioni dell’umore, disturbi del sonno di varia origine.”
Anche il nuovo cantautorato moderno italiano si è accorto dei farmaci come I Cani con la loro “Lexotan” che però cercano una fuga da questo mondo chimico, una ancora di salvezza che non sia racchiusa in una pillola ma che si trova nelle piccole cose: “No, non avrò bisogno delle medicine, degli psicofarmaci, del lexotan, dei rimedi in casa, della valeriana, della psicanalista junghiana.”
Questa ancora di salvezza invece la cercano di Blastema che, nella loro “Synthami“, parlano del Brufen come di un santo che possa salvare tutte le persone reduci da una pesante sbronza: “santo Brufen prega per tutti quelli che hanno bisogno di una superficie dove sacrificare senza rimorsi un giorno fatto di sudori freddi, occhiali da sole e monosillabi.”
Chiudiamo questa lunghissima carrellata con un cantautore come Samuele Bersani che nella sua dolcissima “En e Xanax” descrive i due farmaci descritti in relazione romantica trasformando le due medicine in un inno alla coppia come strumento di risoluzione dei disagi dove l’uno aiuta e sorregge l’altro: “Se non ti spaventerai con le mie paure, un giorno che mi dirai le tue troveremo il modo di rimuoverle. In due si può lottare come dei giganti contro ogni dolore e su di me puoi contare per una rivoluzione.”
Abbiamo finito questa lunga carrellata sulle relazioni e interazioni tra farmaci e musica italiana: come detto in avvio, le canzoni spesso sono efficaci testimoni dei pensieri e delle inquietudini del nostro tempo e veicolano il tutto attraverso la musica, forse la forma di comunicazione più forte che esista. Spero che vi sia piaciuta e aspettiamo i vostri commenti se abbiamo dimenticato qualche canzone. A tutti buon ascolto.