Ligabue, il concerto del 22 settembre al Mandela Forum di Firenze

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Dopo l’operazione alle corde vocali e un periodo di riposo, Luciano Ligabue ha ripreso il suo Made in Italy Tour, recuperando le date perse.

Ci ha tenuto a ringraziare più volte i fan per aver pazientato. “Lo so che non è stata colpa mia, ma mi sento comunque in colpa“. Qui c’è la chiave della carriera e dell’enorme successo di Luciano Ligabue, che fa sentire importanti i suoi fan. Si capisce quando prima di lasciare il palco dice “Grazie per come siete stati stasera“. Potrà sembrare banale, ma non è così scontato ricevere un “grazie” meno freddo del solito convenevole, ma più sentito e per aver partecipato. Ma anche per aver aspettato o, come ha detto lui, “per avermi dato fiducia”. Fiducia che si è guadagnato nel corso degli anni, proprio per questo atteggiamento vincente.

La voce di Ligabue è tornata in forma ma il rocker è apparso leggermente provato nella seconda parte del concerto, senza comunque togliere nemmeno un briciolo grinta alla sua esibizione. Il tour si chiama Made in Italy, proprio come il suo terzo film, che vedrà protagonisti Stefano Accorsi e Kasia Smutniak. Il concerto è stata un’occasione per dare ai fan un assaggio di quello che potranno vedere al cinema e anche per raccontare la storia dell’album. Salito sul palco, quindi, Ligabue ha intonato “La vita facile” e “Mi chiamano tutti Riko”, che sarebbe il protagonista del film, nonché l’alter ego del cantante. La serata del 22 settembre è più azzeccata per il terzo brano in scaletta, “È Venerdì, non mi rompete i coglioni”. Dopo tre brani nuovi di zecca, Ligabue è passato alle vecchie glorie e per tutta la serata ha tenuto in equilibrio il vecchio e il nuovo, accontentando tutti.

Di lui non si può dire che sia l’artista più originale in circolazione, fioccano battute sulla scarsità di accordi usati, ma in Italia in pochi concedono live del genere, dal punto di vista qualitativo. Perché Ligabue si porta dietro una band di altissimo livello e regala al pubblico storie e sensazioni che appartengono all’uomo comune, senza porsi mai al di sopra. Semmai ponendosi le stesse domande di tutti gli altri. Parte “Ho messo via” e poi “L’odore del sesso“, su sogni di “Rock’n’roll” fa un saluto a un amico speciale. Tra il pubblico c’è Jovanotti, portato prepotentemente nelle file sotto il palco dalle guardie del corpo: gli fa i complimenti e gli auguri per il nuovo album, realizzato col grande produttore Rick Rubin. Jovanotti scappa via a fine serata, sulle note di “Certe notti“, inseguito da qualche curioso che si distrae per un attimo. Da brani nuovi come “A modo mio” e “G come giungla” si passa agli intramontabili “Lambrusco e pop corn” o “Marlon Brando è sempre lui”. Ricordando i vecchi tempi, “quello del paleolitico” in cui ancora era praticamente sconosciuto, Luciano Ligabue lancia il momento acustico. In scaletta non c’è “Leggero” ma l’assenza viene compensata da “Piccola stella senza cielo“, ci sono “Balliamo sul mondo” e “Tra palco e realtà”. La conclusione diventa una certezza quando partono i cori di “Urlando contro il cielo“, si prende la consapevolezza di una serata che volge al termine anche se non si vorrebbe. Luciano Ligabue con gli ultimi album ha soddisfatto il suo pubblico e probabilmente lo ha visto crescere, ha venduto (più che) bene e ha girato l’Italia con dei live altrettanto apprezzati. Tuttavia la differenza di calore da parte del pubblico si sente, i brani più “attempati” emozionano e fanno saltare tutti, l’atmosfera si trasforma ed ecco che si palesa il motivo per cui tutta questa fiducia, dopotutto, se l’è pure meritata.

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