Dopo i singoli “Run“ (uscito a giugno) e “The Sky Is A Neighborhood” (uscito a fine agosto), i Foo Fighters hanno pubblicato il loro nono e attesissimo album “Concrete and Gold”, pubblicato a distanza di tre anni dal precedente “Sonic Highways“. Il disco era molto atteso anche grazie alle parole di presentazione del frontman Dave Grohl: “Ho voluto che questo disco avesse più di qualunque altro il più grande suono Foo Fighters: che fosse un gigantesco album rock ma con il senso della melodia e dell’arrangiamento di Greg Kurstin. La versione dei Motorhead di Sgt. Pepper o qualcosa del genere, per intenderci”. E non ha deluso le aspettative.
Il disco è stato prodotto da Greg Kurstin, produttore molto legato al mondo pop e pop-rock (All Saints, Beck, Red Hot Chili Peppers, Peaches, Flaming Lips, Lily Allen, Kylie Minogue, Jessica Simpson, Natasha Bedingfield, Sophie Ellis-Bextor, Sia, Donna Summer, Britney Spears, Ladyhawke, Little Boots e altre) e la sua scelta aveva fatto storcere il naso a qualcuno, ma lo stesso Grohl ne ha giustificato la scelta spiegando: “Greg è diventato uno dei più importanti produttori al mondo. Per questo ho pensato che Greg fosse proprio la persona che stavamo cercando perché non era mai stato il produttore per una rock-band né noi avevamo mai avuto a che fare con un produttore pop”.
Questa sorta di “insana fusione” (o come ha detto sempre Grohl “il matrimonio degli estremi tra il nostro rumore e il cervello raffinato di Greg con tutti i suoi arrangiamenti sofisticati”) è stata certificata da Darrel Thorp (Beck, Radiohead), tecnico del suono che ha lavorato in gran segreto presso gli EastWest Studios per confezionare il prodotto finale. Questo è anche il primo disco che vede il tastierista Rami Jaffee comparire come membro ufficiale della band (che è composta da Dave Grohl alla voce e chitarra, Chris Shiflett e Pat Smear alle chitarre, Nate Mendel al basso e Taylor Hawkins alla batteria).
Il disco in sè ha solo undici tracce ma bastano per dire tutto quello che devono dire: la iniziale “T-Shirt” dà subito l’idea di come sarà l’album che abbiamo tra le mani, mescolando pop quasi anni Sessanta con il rock duro a cui ci hanno abituato i Foo da anni. Subito dopo è il momento del singolo “Run“, che abbiamo già ascoltato e presentato e che mescola abilmente rock duro (a tratti quasi scream) con la melodia e il grunge rimanendo però fedele alla linea che i cinque di Seattle hanno deciso di tracciare da anni, come mostra anche un brano come “Make It Right“, perfetto e adrenalinico al punto giusto, grazie anche ad una linea basso-chitarra-batteria molto hard rock anni Settanta che cattura al primo ascolto (e che vede addirittura Justin Timberlake come voce addizionale).
“The Sky Is A Neighborhood” non ha certo bisogno di presentazioni, mi limiterò a dire che era il pezzo che mancava da tempo al repertorio di Dave Grohl e soci, un pezzo lento, audace, corale e potente con cui è impossibile stare fermi, un capolavoro che mancava nella lunga galleria di successi dei FF. Con “La Dee Da” torniamo nel regno del rock duro e puro (anche qui tendente allo scream) anche grazie alla voce di Alison Mosshart, cantante dei The Kills, e al sassofono di Dave Koz mentre con “Dirty Water” tornano i Foo Fighters più calmi e melodici, quasi pop, prima della sterzata rock con un muro di chitarre molto ampio e compatto e i cori molto anni ’70 fino al gran finale elettrico e in crescendo.
Il disco comincia a variare leggermente dopo la prima metà e il cambiamento lo percepiamo con “Arrows“, canzone divisa a metà tra la tendenza melodica quasi drammatica e la voglia rock che si sente contenuta quasi a malapena prima di esplodere in tutto il suo potenziale: nel brano successivo, la gradevolissima “Happy Ever After (Zero Hour)“, addirittura troviamo un’orchestrazione che rimanda alla mente i Beatles. E, come per pura magia, in “Sunday Rain” troviamo proprio Sir Paul McCartney alla batteria per il brano più lungo del disco e che richiama molto da vicino i lavori dei quattro di Liverpool mescolando sapientemente pop e rock con un gusto tutto inglese (come dimostra il finale al pianoforte).
Il disco si avvia verso la fine con gli ultimi due brani: “The Line” sposa in pieno la linea del disco, coniugando melodia e rock senza possibilità di appello e aggiungendoci il marchio di fabbrica dei Foo Fighters così specifico e riconoscibile, mentre la title-track “Concrete and Gold” vede la presenza di Shawn Stockman dei Boyz II Men e chiude degnamente il disco con un “Fuck you too” urlato a gran voce.
Era uno dei dischi più attesi e non ha rovinato le ENORMI aspettative su di lui: “Concrete and gold” si candida come uno dei migliori dischi del 2017 e uno dei più graditi ritorni musicali di quest’anno. I Foo Fighters riescono nell’impresa di reinventarsi senza perdere nemmeno un briciolo del loro smalto e soprattutto del loro “sound” così particolare che li contraddistingue da anni: la band di Dave Grohl, da navigata perfezionista, confeziona un piccolo gioiello in undici dosi che faranno la gioia di tutti i loro fans e che saranno apprezzate anche da chi non ascolta abitualmente questo gruppo, e lo dimostrano le sette milioni di visualizzazioni per “The Sky Is A Neighborhood” e soprattutto le quasi diciassette milioni di visualizzazioni di “Run“. Sono sicuro che dal vivo i pezzi di questo disco saranno addirittura migliori, se possibile. E quindi bentornati Foo Fighters.