Massimo Ranieri: “Malìa parte seconda”. La recensione

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Nel 2015 Massimo Ranieri radunò un gruppo di amici e musicisti guidati da Mauro Pagani e decise di incidere un disco, “Malia – Napoli 1950-1960“, in cui intrerpretava alcuni classici della musica napoletana in chiave jazz avvalendosi della collaborazione di musicisti come Enrico Rava (tromba e flicorno), Stefano Di Battista (sax alto e sax soprano), Rita Marcotulli (pianoforte), Stefano Bagnoli (batteria) e Riccardo Fioravanti (contrabbasso). A distanza di un anno Ranieri decide di riprovarci e continua questo viaggio nella canzone napoletana con “Malìa parte seconda“.

Il disco ha lo stesso produttore Mauro Pagani e gli stessi musicisti e viene presentato così dallo stesso Ranieri: “Ero molto eccitato dall’idea di un lavoro nuovo e diverso da tutto ciò che aveva fatto fino ad allora. Ero consapevole che con esso si sarebbe aperta una nuova strada, che mi avrebbe portato nella Napoli degli anni Cinquanta. Un periodo in cui nella mia città l’influenza degli americani, giunti alla fine della guerra, ebbe un peso notevole nella cultura musicale della mia città”.

Rispetto al disco precedente non c’è un periodo temporale ben preciso ma Ranieri ha deciso di pescare da vari anni e periodi per poter fare un viaggio nella musica della sua terra alla sua maniera, cercando di ricreare quella magia che già si sentiva nel primo disco e che era frutto della bravura tecnica dei musicisti e dell’interpretazione canora di Massimo. Ne viene fuori un disco delicato, gentile e aggraziato, dove la voce di Ranieri disegna emozioni senza mai essere fuori posto ma anzi con una precisione tecnica notevole.

Il disco pesca a piene mani dalla ricchissima tradizione musicale napoletana e ripropone alcuni grandi classici come “Che t’aggia dì”, “Dove sta Zazà”, “Torero”, “Luna rossa” e “Malafemmena” ma si permette anche delle scelte assolutamente particolari come “Musetto”, “Strada ‘nfosa” e “Giacca rossa ‘e russetto”, piccoli brani nascosti forse agli stessi napoletani e che Ranieri spiega così: “Quelle scelte nei due album non sono semplici canzoni ma autentiche perle, il desiderio comune mio e di Mauro Pagani è stato quello di dare loro un’impronta diversa, che fosse qualcosa di nuovo rispetto al mio modo di cantare. Posso dirti che mi sono messo al servizio di quelle canzoni”.

cover
Massimo Ranieri – Malìa parte seconda – Artwork

Se avete ascoltato il disco precedente vi mancherà l’effetto sorpresa: ormai l’ensemble è collaudato e affiatato e riesce a giocare con le canzoni e con le emozioni in maniera magistrale, passando dalla introspezione di “Che t’aggia dì” al divertimento musicale e canoro di classici di Renato Carosono come “Dove sta Zazà” o “Torero” fino a brani classici dello struggimento partenopeo come “Indifferentemente” di Mazzucco o “Malafemmena” di Totò, passando per classici come “Luna Rossa” di De Crescenzo (cantata anche da Sinatra) o “Tammurriata nera” con una coda in cui Rava e DiBattista si scambiano assoli, sostenuti dal piano della Marcotulli e dove viene fuori tutto l’istrionismo di Ranieri. Il disco si chiude con la bellissima “Vieneme ‘nzuonno“, una vera e propria carezza musicale che chiude degnamente questo disco.

Spesso nel mondo della musica non sono molto amati i sequel ma in questo caso possiamo fare abbondantemente un’eccezione: l’operazione compiuta da Ranieri e Pagani è un vero piccolo capolavoro dal punto di vista musicale e sonoro. I musicisti sono bravissimi, le canzoni sono eseguite alla perfezione e c’è la voce di Massimo che fa da collante e tiene unito il tutto in maniera magistrale. Se avete ascoltato il primo disco questo sarà il suo degnissimo compare sullo scaffale e sarà da ascoltare quando avrete l’umore adatto: se non avete ancora sentito il primo capitolo, andate al primo negozio di dischi e compratelo senza esitazione “Malìa parte seconda” e fidatevi: avete appena acquistato uno dei migliori dischi italiani degli ultimi anni.

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