Flume: “Skin”. La recensione

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Per moltissimi lettori il nome Harley Edward Streten non farà scattare nessun campanello nella testa. Eppure questo 25enne disc jockey e produttore discografico australiano sta spopolando con il nome d’art6e, ovvero Flume, e con il suo nuovo disco, “Skin“.

Dopo una carriera dietro le quinte, nel 2010 Flume ha deciso di intraprendere l’attività di produttore di musica house con lo pseudonimo HEDS, tratto dalle sue iniziali, e dopo “Sleepless“, un EP del 2011, arriva nel 2012 il suo album d’esordio omonimo che ha conquistato la posizione numero 1 nella ARIA Charts e ha avuto successo anche in alcuni Paesi europei. Dopo aver invaso vari mercati internazionali ed aver fatto incetta di premi negli ARIA Music Awards 2013, Flume ha lavorato con svariati artisti tra cui Lorde, Chet Faker, Sam Smith e Disclosure, remixando i loro brani.

Ora, a distanza di ben quattro anni dal suo disco di esordio, Flume ci riprova e pubblica il suo nuovo disco, “Skin“, anticipato dai singoli “Never be like you”, “Smole and retribution” e “Say it”. L’album, prodotto dalla Future Records insieme a Harley Streten, è composto da 16 canzoni per 60 minuti di ascolto e comincia con “Helix“, brano che ci fa subito capire che tipo di prodotto abbiamo per le mani. Siamo in pieno territorio elettronico, nel regno del downtempo e dell’electropop, come mostra anche la canzone successiva, “Never be like you“, primo singolo promozionale e primo pezzo del disco che vede la prima partecipazione, ovvero quella della vocalist Kai.

Il disco vede moltissime partecipazioni, come quella di Vic Mensa per il brano “Lose it” e quella di Kučka per il pezzo “Numb & getting colder“, e trova anche l’inserimento di alcune tematiche più vicine al trip hop ed all’hip hop nel primo caso e di suoni più legati all’intelligent dance music nel secondo caso. Il brano successivo, “Say it“, scelto come terzo singolo, vede la partecipazione della cantante svedese Tove Lo.

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Flume – “Skin” – Cover

Siamo di fronte ad un disco molto eccentrico e che ama cambiare spesso le carte in tavola e ce lo dimostra un pezzo come “Wall fuck“, che mescola downbeat, inserti melodici e suoni tribali come se niente fosse, rimescolandoli alla stregua di un frullatore o di un calderone della strega di Biancaneve, e qualche volta si ha addirittura il sospetto che si sia incantato il lettore. Ma è una paura infondata. E non fatevi confondere dal titolo, “Pika” non centra niente con i Pokemon (anche se i suoi suoni molto 8-bit potrebbero far credere il contrario).

Smoke & Retribution” vede la partecipazione di Vince Staples & Kučka ed è una canzone che sembra quasi non avere senso nella sua struttura musicale, cosa che ritroviamo anche in “3” e in “When everything was new“, una sorta di filastrocca della buonanotte post-moderna e allucinata. Con il brano successivo comincia una lunga parentesi cantata (fatta eccezione per il brano “Free“, brano elettronico dalle forti influenze orientali).

Si comincia con “You know” che vede la collaborazione di Allan Kingdom & Raekwon per un pezzo dalle forti matrici hip hop e poi si prosegue con “Take a chance” che vede la partecipazione di Little Dragon per uno dei pezzi più di atmosfera del disco e forse più “normali” di tutto il disco, visto l’uso del pianoforte e le sue atmosfere così dilatate. Questa tendenza del disco si mostra palese anche con i brani “Innocence” (che vede il featuring di AlunaGeorge) e “Like water” (che vede la collaborazione di MNDR). Il disco si conclude con la collaboraizone più eccellente, quella del cantante Beck nel brano “Tiny cities“, per un pezzo dal forte sapore pop e dalla marcata impronta commerciale… almeno rispetto al resto.

Skin” è un album a dir poco sperimentale e a due facce: da un lato troviamo la musica elettronica nella sua natura più pura, piena di sperimentazione, di downtempo e di trip hop, dall’altro lato, soprattutto nel finale del disco, troviamo invece la contaminazione comune e l’elettropop che la fanno da padrona dentro i pezzi più sognanti e onorici del disco, dilatati nei suoni e nei tempi, senza l’ansia da remix delle prime canzoni e dove si punta maggiormente sul lasciare fluire la melodia a discapito delle campionature. Flume mostra tutta la sua qualità e la sua eccentricità come produttore e come musicista e ci consegna un disco dalla lettura difficile ma affascinante non senza punte di valore (“Innocence” su tutte) e che spadroneggerà nei club estivi più dedicati a questo genere musicale. Un disco da ascoltare con calma e senza pregiudizi lasciando che la sua osticità non scoraggi l’ascoltatore.

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