Le “Banalità da circo” dei Senzassenso su The Passenger

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Per questa nuova puntata di The Passenger – La musica nuova passa da qui, MelodicaMente si dirige nelle Marche per scoprire i Senzassenso, una band fondata nel 2011 dal cantante e autore Lorenzo Sbarbati che è arrivata finalmente al suo disco d’esordio. La formazione nasce prima come cover band per affermarsi nel panorama musicale locale e successivamente decide di allargare i suoi orizzonti cominciando a comporre brani inediti. Dopo anni di assestamento la formazione ufficiale nasce nel novembre del 2014 ed è composta da Lorenzo Sbarbati (Voce), Matteo Giorgetti (Tastiere), Stefano Mazzoni (Chitarra), Luca Gnocchini (Basso) e Riccardo Chiacchiera (Batteria): il gruppo chiude il suo primo anno di attività con oltre 40 concerti all’attivo su tutto il territorio marchigiano e nello scorso aprile pubblica “Banalità da circo“, primo album di inediti della band la cui produzione artistica viene curata da Andrea Mei (produttore marchigiano, musicista di Danilo Sacco e autore di molti brani di successo dei Nomadi). Con l’uscita dell’album inizia anche il “Banalità da circo tour” che prevede date in tutta Italia e che permette alla band di aprire il concerto di band come Marlene Kuntz, Il Teatro degli Orrori e Bandabardò. Questa ribalta non poteva passare inosservata agli occhi di MelodicaMente e per questo abbiamo deciso di intervistare Lorenzo Sbarbati, frontman della band.

Senzassenso | Foto fornita dall'artista
Senzassenso | Foto fornita dall’artista

A tu per tu con i Senzassenso

Siete nati nel 2011 ma il vostro esordio discografico è di poco tempo fa, a malapena qualche settimana. Cosa è successo in tutto questo tempo nella vita dei Senzassenso?

I primi anni abbiamo iniziato interpretando e arrangiando brani di grandi artisti italiani, cercando di trovare la nostra identità. Come succede spesso nelle band emergenti, la differenza di vedute musicali e degli obiettivi da raggiungere ha portato a cambiamenti nella formazione che hanno ritardato notevolmente l’esordio discografico. Gran parte degli inediti contenuti nell’album “Banalità da circo” esisteva già da tempo, ma l’uscita ufficiale dell’album ha dovuto attendere la stabilità della formazione attuale, formatasi nel novembre 2014, che in poco più di un anno si è esibita in più di 60 concerti nelle Marche e in Abruzzo, e ha inciso finalmente tutti i pezzi contenuti nel disco.

Il vostro disco di esordio, “Banalità da circo”, è prodotto da Andrea Mei, famoso per aver firmato molti brani di successo dei Nomadi. Come vi siete conosciuti? Come è nata la vostra collaborazione?

Conoscevo Andrea di fama e sapevo che lavorava da parecchi anni anche come produttore oltre che come autore. Con la vecchia formazione ci siamo recati nel suo studio nel 2012 e gli abbiamo fatto ascoltare la prima bozza del brano “Banalità da circo”. Ne ha subito apprezzato le idee, lo stile e la vocalità, e ci ha proposto di lavorare insieme a lui ad un album. E’ stato l’inizio di un lungo percorso, avviato con la vecchia formazione e concluso solamente con quella attuale. Per essere più precisi, con la formazione attuale abbiamo arrangiato e inciso da capo tutti i brani, di cui io sono l’autore.

Ora è cominciato anche il vostro tour che vi ha permesso di aprire il concerto di artisti come Marlene Kuntz, Il Teatro degli Orrori e Bandabardò. Cosa avete “rubato” a questi grandi artisti e cosa portate con voi da queste esperienze?

Sicuramente le aperture ai grandi artisti sono esperienze che definire formative non basta. Realizzi cosa vuol dire vivere di musica; hai davanti a te l’incarnazione dei tuoi stimoli e dei tuoi desideri. Il loro fascino, la loro forza, il bagaglio umano e artistico che leggi nei loro occhi… Tutto. Tutto è bellissimo, e cerchi di rubare tutto quello che puoi. Da ragazzino, magari, sognavi nella tua camera di cantare ad un piccolo pubblico i brani di questi artisti, e oggi ti trovi a cantare i tuoi prima dei loro. Cosa ci può essere di più bello?

“Banalità da circo”: la recensione e l’ascolto

Copertina BanalitaÌ da circo
Senzassenso – “Banalità da circo” – Cover

Prodotto da Andrea Mei e dai Senzassenso, “Banalità da circo” è un disco composto da otto tracce che si inserisce nella tradizione del folk rock e risente molto del bagaglio culturale di Mei negli anni passati coi Nomadi, così come si evince dal primo brano, “Artista di paese“: subito dopo la title track ci mostra già una natura nuova del gruppo, più pop e romantica anche se mostra un bridge gigionesco che ben si abbina al titolo della canzone. “La fabbrica muta” è un brano di denuncia nei confronti delle condizioni in cui gli operai lavorano in tutto il mondo e di come gli stessi siano ignorati dalla storia con la esse maiuscola, lontano “Dalla città” che al di là delle sue storture ha ancora un potenziale romantico che si nasconde tra le pieghe delle solitudini umane e che offre una visione di un mondo migliore. I Senzassenso mostrano di sapersi destreggiare a livello tecnico e lo dimostrano con “Superstizioso“, un pop-rock dalle chitarre stoppate e dalle tastiere quasi progressive, e con “Cuore di Arlecchino“, un pop che incomincia lentamente voce e chitarra e poi cresce fino al climax del ritornello. In tutto il disco si sente una certa atmosfera di fiaba e nella canzone “Sette son donne” questa favola giunge al suo apice, con una narrazione musicale che sembra uscita da un classico della Disney: “Banalità da circo” si chiude con “L’ultima faccia“, pezzo lento e diciamo d’amore che chiude degnamente il disco con la sua natura caleidoscopica.

Banalità da circo” è un concept album in senso lato: l’atmosfera del circo e delle sue false verità è riflessa in ogni canzone e ogni brano è capace di mostrare una realtà e il suo esatto contrario, il tutto suonato con molta esperienza e bravura (si vedono, anzi si sentono tutti gli anni passati insieme prima di produrre il primo disco). L’ascolto è assolutamente piacevole e ben presentato e propone un lavoro “estivo” in senso lato ma da ascoltare in tutte le stagioni per farsi trascinare nel circo della vita e dell’amore perchè, come diceva Bukowski “tutti dobbiamo morire, tutti quanti, che circo! Non fosse che per questo dovremmo amarci tutti quanti e invece no, siamo schiacciati dalle banalità, siamo divorati dal nulla.“

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