Sufjan Stevens: “Carrie & Lowell”. La recensione

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Sufjan Stevens - Carrie & Lowell (Artwork)

Dopo anni di silenzio Sufjan Stevens si racconta con “Carrie & Lowell“. Nuovo album partorito in studio, di profondità e complessità disarmante, al primo ascolto ci accompagna in un’atmosfera meravigliosa per poi abbandonarci ad ascolti infiniti tragici, terrificanti e drammatici. Dimensioni soffuse, intime e ricche di sfumature tra il terrore, il dolore e il vuoto, Sufjan cerca di fare chiarezza nel suo animo spogliandolo da qualsiasi rancore e con atteggiamento remissivo lasciandosi andare ad un sentimentale ma tragico racconto della sua vita esplorando lande mistiche con contemporaneo gusto musicale e compositivo.

Carrie & Lowell” racconta l’unica parentesi felice della vita di una madre vittima dell’alcol, della violenza, della depressione, fortunatamente affiancata da un compagno comprensivo, capace di donare luce alla sua drammatica esistenza per soli cinque anni. Carrie è la madre di Sufjan nella realtà, scomparsa nel 2012 a causa di una brutta malattia. Una giovinezza e infanzia di sofferenze, allontanamenti e assenze quella del cantautore che riesce come sempre a rendere l’amara pillola un dolce fastidio, grazie ad una delicatezza singolare presente in ogni singola battuta musicale.

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Sufjan Stevens ” Carrie & Lowell” – Artwork

La meditazione musicale di Sufjan è in compagnia della sua voce e della sua chitarra, con momenti arricchiti dal suo inseparabile banjo disturbati a piccoli tratti da incursioni elettroniche, immancabili nei suoi ultimi lavori. Abituati a dimensioni fantastiche a racconti ispirati dalla Bibbia e dalla mitologia greca, il cantautore e musicista americano ci spiazza con una vera e propria autobiografia non autocelebrativa ma risolutiva e narratrice di un intero percorso di vita. Non un manifesto di quello che è stato, piuttosto una previsione e un’apertura a ciò che ne sarà della sua vita dopo aver fatto chiarezza nel suo cuore e nei suoi ricordi. Egli stesso recita nel primo pezzo dell’album “Death with Dignity” la frase “.. every road leads to an end“, ed è proprio dalla fine che l’artista vuole ricominciare.

Tutto inizia con un racconto melodico tranquillo e piacevole nonostante le liriche dicano tutt’altro, infatti la chiarezza e la spensieratezza sfociano in una dimensione malinconica prima e tragica dopo, che si trasforma in un momento sempre più solitario e introspettivo.
Prima o poi bisogna fare i conti con la morte, e Sufjan cerca di raccontare i motivi dei suoi dolori e delle continue incomprensioni aprendosi ad una speranza che forse legherà una mamma e un figlio con il pensiero, con lo spirito e con il ricordo. Dalla fine si comincia, dalla riconciliazione che probabilmente non ha mai legato due cuori in vita ma che lo farà dopo la morte.

Sufjan Stevens ha un animo musicale variopinto, ha vestito tanti insoliti costumi, ha costruito tanti racconti fantastici è diventato il cantastorie della musica contemporanea ma infine ha sempre lasciato spazio alla sua intima ispirazione musicale che lo colloca tra i migliori artisti degli ultimi anni, dalla singolare genialità.

Carrie & Lowell” arriva dopo un percorso che ha visto il polistrumentista accanto a numerosi esponenti della discografia mondiale, dai ribelli rapper alla sofferente anima dei The National. Sufjan ci strappa continuamente il cuore, ci commuove, ci fa soffrire ma ci lascia senza parole, ci rende partecipi del suo più profondo dolore, ne è la prova un brano come “Fourth Of July” data che lo stesso cantautore non dimenticherà facilmente. Malinconici passaggi e leggere presenze, cori appena accennati e timide aperture musicali rendono “Carrie & Lowell” il racconto di una vita non un banale progetto artistico. Chiare e semplici le composizioni musicali di Sufjan Stevens racchiudono una ricchezza nella purezza dei gesti, ne è la prova un brano perfetto come “John My Beloved“.

Un album come questo ci trasporta in paesaggi inesplorati che tali resterebbero senza animi sensibili come quello di Sufjan. Un tragico e necessario ritorno alle origini che parla della bellezza dell’amore ma del dolore che in esso è racchiuso.  Liberatoria chiusura “Blue Bucket Of Gold” ci trasporta musicalmente alla solennità religiosa, perennemente d’ispirazione per Sufjan, gli accordi sfumati e poco chiari, appena accennati, ci accarezzano e ci poggiano su una superficie fluttuante, sognante e tragicamente incerta.  Storditi, rapiti e impauriti, attratti e misticamente innamorati, la fragilità di “Carrie & Lowell” ci lascia senza parole, merito di un dolce cantastorie del nuovo millennio dalle radici saldamente ancorate a contaminazioni di diversa provenienza. “Il ricordo delle cose passate non è necessariamente il ricordo di come siano state veramente.

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