Vasco Rossi, “Sono Innocente”. La recensione

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Vasco Rossi - Sono Innocente - © Official Facebook

Recensire un album di Vasco Rossi non è semplice e “Sono Innocente” non è certo da meno. La leva cantautorale unita al rock di stampo italiano, ha acquistato la sua credibilità con il tempo e bisogna dar credito al Rossi più famoso d’Italia di essere riuscito dove nessuno prima ha osato. Certo, l’influenza dei menestrelli che furono (“L’Ape Regina” richiama molto le sonorità cui ci ha abituati Fabrizio De André) è evidente, ma unire la metrica e la semantica della lingua italiana ad un concept musicale diventato il marchio di fabbrica di Vasco Rossi è il maggior credito che possiamo dare.

Vasco Rossi - Sono Innocente - © Official Facebook

I testi non sono mai banali, anche quelli più “fancazzisti” come “Accidenti come sei bella” che, se ascoltati in tutto il contesto hanno un loro perché. Siamo lontani dai grandi successi che hanno scandito l’incedere impetuoso della carriera artistico/musicale di Vasco Rossi, ma possiamo considerare “Sono Innocente” un album di transizione. Da “Stupido Hotel” (2001) a “Il Mondo che Vorrei” (2008) la ricerca musicale è sempre più presente, eppure sono i testi la vera forza espressiva di Vasco Rossi. Nasce come “animale da palcoscenico” e cuce come un sarto il giusto vestito della musica alle parole, complice lo storico produttore Guido Elmi. Se “Vivere o Niente” (2011) è una parentesi a sé il nuovo Vasco esorcizza il dolore, le delusioni, gli errori in “Sono Innocente”.

Il titolo provocatorio richiama la canzone inserita all’incipt della tracklist: “Sono Innocente ma…” suoni tirati, lo stampo hard rock del batterista Glen Sobel (che ha suonato in buona parte dell’album) e lo stile ambient rock di Vince Pàstano (polistrumentista presente in buona parte dei brani dell’album) si mescolano bene tra loro, complice il il solo di moog del tastierista Alberto Rocchetti nel bel mezzo del brano. Immaginarla come canzone di apertura del prossimo tour non è un azzardo: potenza.

“Come Vorrei”, primo singolo estratto dall’album, è l’esempio lampante di come la musica è cucita ad hoc sulle parole: in una parola, bella. Prima è tempo pero’ di “Duro Incontro” un continuum della prima canzone (dal punto di vista musicale), un testo un perverso ma lodevole; una partenza davvero tosta, more strong“Lo vedi” chiude la prima parte more strong della tracklist mentre nel mezzo ci troviamo “Guai” (un bel giro di chitarra e l’urlo esorcizzante del menestrello), la divertente è ironica “Aspettami” è la struggente consapevolezza di “Dannate Nuvole” con il tappeto di tastiere all’incipit del brano. Merita particolare attenzione, musicalmente e testualmente, “Il blues della chitarra sola”, una biografia scritta in poco più di 3 minuti. Sublime.

“Quante Volte” rappresenta il Vasco vintage, una canzone che vale un album, sorvoliamo su  “Cambia-menti” mentre la parte strumentale di “Rock Star” è un consiglio d’ascolto per i musicisti. Potenza. C’è tempo, ancora, per le tre bonus tracks “L’uomo più semplice (Reloaded), “L’Ape Regina” e “Marta Piange Ancora”; la prima di riempimento, la seconda una poesia, la terza un divertissement regitrata agli Speak Easy Studios di Los Angeles.

Il prodotto Vasco Rossi ha acquistato con gli anni sempre maggiore credibilità, difficile è comunque con il tempo mantenere un certo target di riferimento, pubblico e musica da un lato, fan e testi dall’altro. In passato abbiamo ascoltato produzioni migliori, tuttavia l’esorcismo, la provocazione, l’ironia e i buoni arrangiamenti di cui è intriso “Sono Innocente” non dispiace. Un album di transizione, insomma.

 

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