Lady Gaga: “Artpop”. La recensione

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Ha fatto più scalpore  il contorno mediatico pre-uscita che lo stesso album, Lady Gaga cosa hai combinato? Artpop ha un titolo con delle pretese davvero dell’altro mondo, vanta collaborazioni illustrissime sia artistiche che musicali, ma dove sarà finita tutta quell’energia da dancefloor che ci aveva fatto amare la Germanotta?

Una svolta violenta da una dance-pop ad una elettronica quasi sfumata alla dubstep mista a testi banali e a voce portata pochissimo oltre i confini, Lady Gaga starà pensando al cambiamento?

Il metodo Abramovic avrà fatto ricongiungere la bionda appariscente protagonista dei live pregni di effetti speciali con una natura fuori da qualsiasi schema previsto. Quarto lavoro discografico per una che è stata protagonista delle classifiche sin dall’uscita del suo primo singolo, lavoro che potrebbe portarla ancora una volta ai livelli che ci aspettiamo, che potrebbe segnare una svolta ancora in positivo, ma potrebbe anche piegarla in negativo. La critica continua ad un sistema che le sta stretto trova diffusione anche in “Artpop” in prima battuta con il grande esordio “Applause” e “Do What You Want“, e continui riferimenti a quelli che sono i cardini della sua produzione musicale trovano spazio anche in un album che ha le pretese di diventare un’opera d’arte.

Lady Gaga - Artpop - artwork
Lady Gaga – Artpop – artwork

Un artwork firmata da Jeff Koons poteva farci pensare ad una mastodontica visionaria svolta, ma in realtà il disco è privo di qualsiasi sorpresa musicale se non l’ordinaria storia narrata da una provocatoria figura ormai protagonista del pop. Lady Gaga ha una reputazione che la precede, ha venduto milioni di dischi e ha sempre avuto il carisma di farsi portavoce di temi “intoccabili” portandoli dinanzi ad un pubblico sempre più esigente e sempre più pronto ad accettare il cambiamento.

Giunta alla prima esperienza cinematografica miss Germanotta ha voluto inaugurare anche il suo album con un’ambientazione western sapientemente miscelata ai suoni duri della disco nel brano “Aura“. Dopo questa parentesi si svolta verso suoni molto più pesanti e contemporanei talvolta sfociando al pop tranquillo, talvolta volgendo uno sguardo alla dubstep. “Venus” è la classica traccia alla Lady Gaga e giunge come secondo pezzo quasi a suggerirci che non è cambiato nulla, che ci troviamo ancora in “Born This Way“, ma non è tutto oro ciò che luccica, e a smentirci ci pensano subito “G.U.Y.” e ” Sexx Dreams“. Primo cambiamento black, prima svolta violenta e primo sentore che forse “Artpop” è differente da tutti gli altri: arriva “Jewels ‘N Drugs” in collaborazione con T.I., Too Short e Twista, svolta che continua con il brano “Do What You Want” provocatorio tentativo di dire approfittando di R.Kelly che i media possono dire tutto ciò che vogliono sulla sua vita e soprattutto fare ciò che vogliono del suo corpo. Tra le tante spicca anche il tributo a Donatella Versace con il brano “Donatella” banale parentesi abbastanza popolare. Insomma, Lady Gaga sembra non aver fatto tanto, o almeno non ha svoltato più di quanto non aveva già fatto nei primi tre album, indizio per cui o si sta preparando a qualcosa di grande peso in futuro o che è stato solo un fenomeno temporaneo. Non convinti di quest’ultima ipotesi preferiamo pensare che sia solo la conseguenza di questo trattamento altamente artistico con il quale la Gaga avrà voluto riposarsi. Tutto così fortemente kitsch come la stessa copertina poteva già suggerirci un po’ di tempo fa, ma in fondo anche quest’ultima è una corrente artistica, e quando si tratta d’arte “dove c’è gusto non c’è perdenza“, accontentiamoci e procediamo all’ascolto.

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