Valerie June: “Pushin’ against a stone”. La recensione

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Valerie June - "Pushin' gainst a stone" - Artwork

Nella musica, quando si tratta di emozionare e di colpire al cuore l’ascoltatore, spesso sono le cantanti che riescono ad emergere grazie ad una forza interiore fuori dal comune. E’ successo nel corso del tempo con Suzanne Vega, con Tracy Chapman, con Ani di Franco, con Catwoman. E succederà, ne sono convinto, anche con Valerie June  e con il suo disco “Pushin’ against a stone“.

La talentuosa cantante del Tennessee, alla prima vera e propria prova del fuoco con il primo disco per una grande etichetta dopo tre autoproduzioni, dimostra tutto il suo amore per le musiche del suo mondo come il blues, il gospel, il funky ed il bluegrass, senza però perdere mai di vista la melodia e dimostrando di saper sempre valorizzare al massimo la sua voce, davvero molto particolare.

Il disco, che contiene 11 canzoni per 44 minuti di ascolto, parte con il ritmo funky e jazz di “Working woman blues” ma subito sposta le sue coordinate grazie ad un banjo triste ed ad una interpretazione fantastica in una ballad come “Somebody to love“, un pezzo che colpisce al cuore per la sua dolce tristezza.

L’album vive anche momenti un po’ più retrò come nei brani “The hour” e “Shotgun“, pezzi che ricordano molto le atmosfere anni ’40, atmosfere richiamate anche da “Wanna be on your mind“. Non mancano brani più moderni come la title-track, dove regna una chitarra elettrica slide che ricorda tanto alcuni pezzi dei Portishead di “All mine”, ed il rock molto ammiccante di “You can’t be told“.

Valerie June - "Pushin' gainst a stone" - Artwork
Valerie June – “Pushin’ against a stone” – Artwork

Nel disco c’è anche un momento più personale, dove la June mette a nudo tutte le sue traversie personali con tre canzoni: “Twined &Twisted”, “Trials, troubles, tribulations” e “Tennesse Time“. Non credo che la scelta di affidare questi brani solo ad una chitarra, ad un’armonica ed alla voce della cantante sia casuale. Certo è che è, dopo l’ascolto, probabilmente l’unica scelta possibile.

Il disco si chiude con la bellissima ballad “On my way“, una sorta di brano “on the road” e che richiama paragoni pesanti con altre cantanti che hanno preceduto la June ma che crediamo non temeranno di essere accostate a questa giovane cantautrice dall’innato talento. Per chi volesse ascoltare fino in fondo la traccia, troverà alla fine una ghost track, una versione solo banjo e voce di “Somebody to love”.

Pushin’ against a stone” è un esordio musicale coi controfiocchi. La June, dopo la gavetta e dopo gli anni passati a crescere, è finalmente sbocciata in una grandissima cantautrice con un disco che dimostra maturità e che gli amanti del genere troveranno fantastico. Io personalmente mi sono emozionato richiamando alla mente il primo disco di esordio di Tracy Chapman. Qui dentro vi ho trovato, anche se con un linguaggio musicale differente, la stessa energia, la stessa capacità comunicativa, la stessa forza interiore.

 

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