A volte capitano tra le mani dei dischi molto particolari, che non hanno catalogazione ma che si muovono in varie direzioni musicali senza una etichetta precisa, quasi come mostri che si dimenano in una gabbia troppo piccola per loro. “Girl“, il disco di esordio degli A Violet Pine, ricorda questa immagine.
Se si va sul sito ufficiale del gruppo si trova questa scritta che campeggia in alto:
“A Violet Pine potrebbe essere una parte di te. A Violet Pine è solo un pretesto per scacciare la solitudine. A Violet Pine è un albero immaginario. A Violet Pine significa violenza, sentimenti, distanza, felicità. Il proposito è lo scoprire, l’abbracciare il respiro di ognuno…Noi siamo a violet pine… amore” .
Una definizione particolare e pesante, che rende però bene l’idea della poliedricità di questo trio di Barletta (Beppe Procida alla voce, chitarra e synth, Pasquale Ragnatela al basso, piano e seconda voce e Paolo Ormas alla batteria e sequencer) che si è ritrovato insieme dopo varie esperienze musicali personali ed ha deciso di dare origine ad una formazione che avesse alla base del suo progetto la ricerca e la sperimentazione sulla linea sottile che divide i contrasti e le mescolanze.
Se proprio vogliamo dare un’etichetta a questo lavoro, possiamo parlare di electro-post-rock new wave. Il che vuol dire pressappoco tutto e niente. “Girl” (uscito per la Seahorse Recordings), è una sorta di grande contenitore in cui i nostri tre musicisti sfogano le loro idee e le loro tensioni trasformandole in suoni e suggestioni musicali per 45 minuti dove regnano atmosfere sognanti, suoni sintetici, rumori e chitarre.
L’album viene introdotto dall’ipnotica “Pathetic” e dalla titletrack “Girl“, due brani che ricordano molto le astmosfere sonore cupe e ritmate dei Recoil di Alan Wilder e degli Ex.Wave, grazie anche alla voce così sussurrata e particolare. Il disco mostra anche la sua parte più tranquilla e riflessiva con i brani “Even If It Rains“, l’orecchiabile “And Then” e la ballad acustica “Family“.
Il disco si rituffa subito dopo nell’elettronica più cupa con “25mg of happiness” e con l’accattivante “Sleep“, che oscilla tra l’elettronica e il rock. “Sam” evoca ricordi ed atmosfere quasi sognanti che virano e quasi stridono nel finale così rock e distorto di “Fragile“, una sorta di brano riepilogo di tutto l’album, dove tutto quello che i A Violet Pine sanno fare è messo lì dentro in una canzone che ha il sapore più del contenitore musicale che del brano vero e proprio. Il disco si conclude infine con “Pop Song For Nice People”, una canzone che lascia un attimo interdetti per il suo essere quasi pop ma senza perdere quel mix caratteristico e poco etichettabile che contraddistingue tutto questo primo disco degli A Violet Pine.
“Girl” è un disco davvero poco “radiofonico” in senso stretto e più adatto ad un ascolto casalingo e oserei dire notturno, grazie alle sue atmosfere sospese e molto particolari che ricordano alla lontana alcuni lavori del post rock alla Radiohead misti ai Depeche Mode più sperimentatori, quelli del lato Alax Wilder (Recoil) per intenderci. Così tanta sperimentazione paga un prezzo però, soprattutto per chi non è abituato ad un genere così particolare, soprattutto per il cantato così particolare e ripetitivo che potrebbero stancare presto un ascoltatore poco assuefatto ad atmosfere così rarefatte ed elettroniche. Un disco molto particolare.