Yeah Yeah Yeahs: “Mosquito”. La recensione

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YYY's - Mosquito - Artwork © Official Facebook Page

Quando si fa riferimento agli anni 2000 si crea sempre un attimo di imbarazzo per definirli o quantomeno chiamarli nel modo giusto. Volendo fare riferimento all’inizio del nuovo millennio con la convenzione numerica ’00 ci viene naturale chiamarli anni zero, il che a sua volta si collegano al brano “Zero“, prima traccia dell’album “It’s Blitz” degli Yeah Yeah Yeahs, il che somiglia almeno graficamente all’O del nome Karen O. Insomma, non richiede molto sforzo collegare gli anni 2000 con gli Yeah Yeah Yeahs, band che proprio agli anni ’00 collega la propria fortuna musicale. Che il loro successo sia stata una congiunzione astrale non lo crediamo, ma che siano nati nel posto giusto al momento giusto forse siamo portati a crederlo, e seppur fortunati da questo punto di vista, probabilmente avranno il merito che gli spetta. La corrente dell’indie partita da più parti del mondo negli anni ’00 ha raggiunto l’apice della diffusione, nazione più nazione meno, e ha permesso ad una buona fetta discografica di poter accedere ai grandi palchi facendosi aiutare dalla propria forza comunicatrice piuttosto che dalla capacità di promozione di una grande major. Partendo dal presupposto che ogni genere musicale viene ripetutamente popolato da band che per un motivo o per un altro falliscono miseramente dopo la pubblicazione del primo EP o del primo album, l’indie rock sembra essere vittima del sovraffollamento di tali morti e feriti, portandosi all’attivo più del 50% dei fallimenti musicali del nuovo millennio. Fare musica non è facile, ma potrebbe essere alla portata di tutti, e così facilmente qualsiasi band di poco conto riesce a farsi un giretto in sala di registrazione portando avanti un progetto valido, e fallendo miseramente al secondo tentativo discografico viene accantonato da ascoltatori e promotori. Il problema potrebbe essere molto meno serio di come è stato posto in questo pezzo di testimonianza, ma la premessa sembra essere necessaria quando collochiamo una band all’interno del genere Indie Rock. Gli Yeah Yeah Yeahs si collocano nel genere di cui sopra, ma rappresentano l’eccezione, sono la band che non delude mai, che ha adeguato i propri gusti musicali ad una platea esigente e che negli anni ha saputo regalare lavori sempre più attuali e mai noiosi. “Mosquito” smorza gli angoli della parvenza punk della musica degli Yeah Yeah Yeahs, addolcisce la graffiante Karen O e si tranquillizza in tutti i momenti dell’album, se non totalmente, almeno per la maggior parte.

 

Sacrilege è il fischio d’inizio, è il momento di Karen O per eccellenza ed è anche il singolo dal video scandaloso, che almeno per quanto riguarda i gusti della band riesce ad inserirsi bene in tutta la sua filosofia musicale, nonostante Mosquito arrivi a distanza di 4 anni dal precedente disco. “Subway” è il brano simbolo del cambiamento di rotta della band, la quale ricordata dai fedelissimi come una formazione dalla musicalità e dall’aggressività punk, attualmente viene quasi inserita in un contesto più tranquillo. La metamorfosi musicale non è certo arrivata come un fulmine a ciel sereno, ma è stato un graduale passaggio ad una maturità musicale, che assolutamente non ci dispiace, ma che sicuramente non li rende più gli Yeah Yeah Yeahs di una volta. “Mosquito” è la terza traccia dell’album omonimo, e arriva apposta per spazzare via tutto quanto detto nel periodo precedente riguardo una tranquillità di suoni e musica, perché, proprio a fagiolo ci dimostra che in fondo Karen O è ancora in grado di graffiare e di varcare le soglie del rock sfociando quasi nel punk. La musica si fa insistente e quasi nervosa, il basso accompagna un brano dal vecchio carattere YYY’s e sembra non dispiacerci. Sono tanti i momenti di ritorno alle vecchie abitudini, e “Area 52” ci sembra uno dei tanti momenti amarcord che la band ha voluto inserire in maniera quasi pensata e calcolata all’interno di un album che a volte sembra anche toccare delle corde dub.

YYY's - Mosquito - Artwork © Official Facebook Page
YYY’s – Mosquito – Artwork © Official Facebook Page

Under The Earth” sembra ricordare un po’ le tastiere dei The Killers orientali, a tratti, ma è un piacevole intermezzo tranquillo e raffinato nel quale la voce di Karen O si fa ancora cantastorie di chissà quale avventura mentale. Le atmosfere si mantengono sempre basse, rarefatte, scure e misteriose, e in “Slave” sembrano quasi toccare momenti sensuali accennando timidamente a quella dub alla quale avevamo fatto riferimento precedentemente, sfociando verso la fine nel puro rock marchio di fabbrica della band. In “These Paths” i friccicolii di sottofondo trasformano il brano da ambient ad un vero e proprio prodotto d’avanguardia musicale che si adegua anche ad una voce poco facile come quello della leader Karen O, che ha mostrato anche un cambio di look in occasione della nuova fatica discografica. L’animo dark sembra essersi addormentato per un attimo lasciando spazio ad una raffinatezza e una delicatezza che in fondo non smentiscono l’animo rock della leader degli Yeah Yeah Yeahs, diventata negli anni una vera e propria icona di stile. “Buried Alive” apre una finestra al rap, ma “Always” arriva puntuale a riproporci quasi un brano ambient, allietato dalla delicatezza vocale della dark diventata ormai ossigenata.

Mosquito” è un bel punto d’arrivo e potrebbe anche essere un buon trampolino di lancio per la band verso sonorità più tranquille, con le quali del resto ultimamente stanno gradualmente prendendo confidenza. Il tutto non ci dispiace, ovviamente la loro sfumatura punk ha sempre significato un’eccezione in tutto il panorama indie, e ci dispiace un po’ accantonare l’espressione melodica più aggressiva diventata negli anni un’impronta inconfondibile della musica della band. Ben fatto, Mosquito si distacca dal mood inquietante della copertina e riesce ad essere un prodotto d’ascolto completo. Yeah Yeah Yeahs ormai è un nome che legheremo al panorama popolato dai grandi della musica, e seppur un po’ in sordina, un po’ in anonimato o quantomeno ancora appartenente alla scena underground Karen O e compagni riescono a regalarci un momento musicale di tutto rispetto, schiaffo morale a tutte quelle band pompate in ogniddove.

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