Le Maschere di Clara: “L’alveare”. La recensione

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Ancora oggi quando si parla di panorama alternativo italiano si pensa sempre a quei gruppetti leggeri che hanno messo su quattro strumenti per poter dare vita alla colonna sonora della propria esistenza. Dietro quei piccoli gruppetti che godono dell’effimera fama del palcoscenico solo per qualche periodo ci sono coloro che sono per davvero alternativi e che per anni hanno investito il proprio tempo studiando seriamente. Quando si parla di musica alternativa o panorama alternativo in generale bisogna tener conto di tantissimi criteri di giudizio, e al di là di tutto, bisogna considerare che c’è sempre una posizione soggettiva rispetto all’alternatività di qualcosa rispetto ad un’altra. A partire dal nome, Le Maschere di Clara appartengono al panorama alternativo italiano, suonando sul serio, impegnandosi sul serio e facendolo per bene. In questo caso il termine alternativo si riferisce al genere musicale della band, che in un modo o nell’altro riesce a creare dei momenti musicali diversi rispetto a quanto era stato fatto fino ad oggi. Volendo giocare con la radice del vocabolo “alternativo” vi possiamo dare ulteriori suggerimenti riguardo la musica de “Le Maschere di Clara“, dicendovi che è la perfetta mescolanza e il perfetto “alternarsi” di musica rock e di musica classica, di letteratura e poesia. Due generi che all’apparenza potrebbero non coincidere, nella musica del trio veronese sembrano stare perfettamente in sintonia, dimostrandoci ancora una volta che gli schemi e che la teoria della musica classica non sono assolutamente lontani da ciò che di contemporaneo può riservarci l’arte musicale. Lungi da inserire il disco “L’alveare” in un genere preciso, in quanto la ricercatezza e il continuo impegno a voler dare un prodotto musicale singolare sembrano essere i comandamenti de Le Maschere di Clara. Qualsiasi limite viene abbattuto e qualsiasi tipo di categoria diventa inesistente quando vengono messi insieme due bassi, una batteria, un pianoforte e un quartetto d’archi per darci un prodotto musicale raffinato e anche di carattere, cosa che sembra venir meno nella discografia musicale attuale. Continui riferimenti colti riguardo letteratura e musica sono racchiusi in “L’alveare“, che a giudicare dal titolo e dall’ascolto sembra descrivere perfettamente l’idea di un disco piena di capricci musicali.

Le maschere di Clara

Voi sapete chi è Clara? La band ha scelto di fare riferimento ad una delle più grandi pianiste di tutti i tempi,Clara Schumann, figlia d’arte e moglie d’altrettanta arte racchiusa in Robert Schumann. Sapete invece che in “Satura“, sesto brano del disco, vengono ripresi alcuni dei motivi più famosi del “Romeo & Giulietta” di Sergej Prokofiev? E invece che nell’ultimo brano viene citata La Divina Commedia di Dante Alighieri e più precisamente il canto ventiseiesimo dell’Inferno? Chiamateli presuntuosi, ma avranno sicuramente dei buoni motivi per esserlo, perché sono in grado di allietarvi con il prog-rock di “Rasoi di Seta” per omaggiare Alda Merini e “Forse il Cuore” per omaggiare Quasimodo alla tranquillità e la malinconia di assoli di pianoforti del brano “Notturno“, alla liricità di “Se questo è un uomo” di Levi e ai riferimenti al “Rinaldo” di Haendel. “Collezione di sabbia” (chiaramente di tributo a Calvino) è il brano per eccellenza, che a mio avviso mescola sapientemente il lavoro degli archi con il quasi metal dei bassi insieme  all’incalzare della batteria che per un attimo ci regalano anche il tema dell’ouverture di “Lawrence d’Arabia“, risultando uno degli esperimenti meglio riusciti, a dimostrazione del carattere musicale dell’intero disco. Un insieme riuscitissimo, un racconto originale di musica e letteratura insieme, che a mio avviso pochi riuscirebbero a fare (anche appartenenti al panorama internazionale). La conoscenza racchiusa in questo disco è imbarazzante, e andrebbe ascoltato solo per l’inestimabile tributo alla cultura, al di là della grandezza musicale che vi si racchiude. Ben fatto, Le Maschere di Clara hanno fatto centro.

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