Gianna Nannini: “Battisti scrisse un pezzo per me: bruttarello, però”

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Gianna Nannini
Gianna Nannini | MICHAEL URBAN/AFP/Getty Images

Partirà i primi di Aprile ( data zero il 9 Aprile e prima tappa il 12 al Palalottomatica di Roma) l’Inno Tour di Gianna Nannini e poco prima dell’avvio dei live a supporto del suo ultimo album di inediti uscito a Gennaio 2013, la rocker senese ha rilasciato una lunga intervista a Rolling Stone che la pubblicherà nel nuovo numero in uscita nelle edicole da venerdì 29 marzo. La Nannini ha voluto raccontare gli albori della sua carriera e di come Lucio Battisti le scrisse un pezzo “bruttarello” che lei rifiutò: era l’inizio degli anni 70 e la rocker era stata scritturata dalla Numero Uno.

Claudio Fabi cominciò a lavorare con me, mentre Battisti lo vidi una volta sola. Mi doveva scrivere un pezzo, ma non funzionò” – ha confessato Gianna Nannini che ha proseguito il suo racconto rivelando a chi quel pezzo venne affidato: “.. poi lo cantò Pappalardo, faceva “con il martello si romperà l’amor”  uno dei brani più brutti di Battisti e Mogol – più brutto di così si muore. Alla fine, convinsi Fabi a farmi fare il primo album con tutti pezzi miei e con le mie ingenuità. Claudio mi traghettò alla Ricordi e mi lasciò così com’ero, non correggeva i miei errori, quasi li esaltava. Mi permisero perfino di metterci quei violini che, anni dopo, quando Conny Plank lo sentì, disse che già “facevano Gianna Nannini“.

Gianna Nannini
Gianna Nannini | MICHAEL URBAN/AFP/Getty Images

L’Inno Tour sarà l’occasione per ascoltare live i nuovi brani di Gianna Nannini contenuti nell’album Inno (Sony Music) e le canzoni indimenticabili del repertorio dell’artista senese. A proposito del titolo scelto per il disco e al fatto che la title track sia stata scelta come colonna sonora della campagna elettorale del Pd, la Nannini ha dichiarato:

Solo adesso io sono arrivata ad avere la consapevolezza di chiamare un mio album “Inno”. Eppure, nata in contrada, quest’idea dell’innologia ce l’ho nel sangue. Ma io non volevo fare la musica di Fontebranda, dove i senesi si ritrovano a cantare vecchie canzoni. L’’dea dell’inno mi pareva enfatica e perfino il successo di “Notte italiana” per me è stato un dolore. Mi son chiesta: ma la mia Musa è tutta lì? Ci ho riflettuto e ho capito che evidentemente era qualcosa che faceva parte di me: tendo all’inno, ecco. Dunque, questo disco è prima “inno” e poi implode nella melodia. Saranno i motivi popolari che mi porto dentro, che premono, vogliono uscire e diventare le mie canzoni. Ma sono contenta che abbiano scelto “Inno” come musica del PD, perché la vogliono usare per far gruppo, per compattarsi. L’ho trovato coraggioso. Avrebbe perfino potuto cantarla Renzi

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