Monkey Mono e The Machine Orchestra: “La tempesta perfetta”. La recensione

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Monkey Mono e The Machine Orchestra - "La tempesta perfetta" - Artwork

Da quanti anni ascolto musica, posso dire che i suoni saranno anche solo 12, ma che la loro capacità di essere mescolati è pressoché infinita. E questa innata caratteristica della musica permette, insieme alle idee di chi fa musica, di creare prodotti assolutamente originali. Che siano belli o brutti, quello è un altro paio di maniche.
Nella categoria dei progetti originali rientra appieno questo EP dei Monkey Mono e The Machine Orchestra, alias la premiata coppia Ray-Beekay, che creano questo “La tempesta perfetta“, un disco di solo 6 tracce che fa strabuzzare gli occhi e che fa venire voglia di sentire ancora le loro elucubrazioni mentali e musicali.

Il duo Monkey Mono & The Machine Orchestra nasce nel febbraio 2008 in Lombardia, nella nebbia della pianura padana, sull’asse Milano-Novara, linea immaginaria che unisce la calma e la nevrosi, così come la musica dei MM&TM unisce la dance anni ’80 in pieno sfoggio synth ed il rap più moderno.

Nella musica di Ray e Bk si nota l’influenza della scena dance/elettronica indipendente milanese ma anche un certo gusto per le atmosfere retrò anni ’80 e per una certa musica elettronica moderna, passando dai Subsonica a Scooter passando per i Depeche Mode, il tutto intrecciato e a volte sovrastato da questo cantato moderno molto effettato e che recita una scrittura “impegnata” che sembrerebbe più tipica di ambienti rock/indie o cantautorali.

Il disco, come detto prima, contiene 6 tracce, divisibili in 3 grossi tronconi:  il primo contiene le prime tracce, tra cui la title track dal suono alla Prodigy, il racconto di “Il primo passo sulla Luna” il cui cantato richiama il primo Garbo e la dolcezza di un racconto triste con il sottofondo alla Nicotina Groove di “Ombre cinesi“.

 

Monkey Mono e The Machine Orchestra - "La tempesta perfetta" - Artwork
Monkey Mono e The Machine Orchestra – “La tempesta perfetta” – Artwork

Il secondo pezzo comprende il duetto “Cattivi ragazzi” e “Bravi ragazzi! (quest’ultima scelta come singolo del disco con tanto di video molto eighties): i due pezzi sono molto diversi tra di loro, con il primo bravo che spinge molto sui bassi ed il secondo che è una cover di un pezzo di Miguel Bosè, dal suono molto anni ’80 ma dal testo attualissimo.

L’ultimo troncone del disco è costituito da una sola canzone, “Afterlife“, che devo ammettere mi ha lasciato spiazzato al primo ascolto: un brano dal suono duro e minimo in cui un marito/compagno parla della sua vita dopo la morte della compagna/moglie. Un brano dalla lucidità sconvolgente e dall’ascolto davvero difficile, un pugno nello stomaco diretto e preciso, una canzone da tenere a mente.

Se la band è così esplosiva dal vivo, il vero punto di forza sta nei loro concerti, innovativi e molto adrenalinici, dove i Monkeys nascondono la voce dietro un “milione” di filtri e dove si danno a mille “moderni virtuosismi” dietro la console.

Alla fine, dopo l’ascolto, posso dire che sono rimasto piacevolmente colpito da questo EP: la musica elettronica non è ostacolo alle ritmiche hip-hop ma la loro forza e sostanza, e i testi impegnati mostrano uno spaccato della società di oggi allarmato e allarmante. Un ottimo progetto in cui spiccano due brani come “Bravi ragazzi” per la sua orecchiabilità (ma che non fa rima con mancanza di sostanza) e “Afterlife” per il lucido dolore che la attraversa. Pollice alto.

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