Ricchi e Poveri: “Perdutamente amore”. La recensione

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Un nuovo disco dei Ricchi e Poveri. Certo,  può suonare curioso e anche piuttosto anacronistico, ma è la verità: i Ricchi e Poveri, gruppo arcinoto della musica italiana e che ha segnato la cultura popolare del nostro paese grazie alle sue canzoni, è tornato con una raccolta con quattro inediti.
Per capire l’importanza di questo gruppo nella musica italiana basti a malapena ricordare che i Ricchi e Poveri sono tra gli artisti italiani con il maggior numero di dischi venduti (con più di 20 milioni di copie vendute), che hanno rappresentato l’Italia all’Eurovision Song Contest del 1978 con la canzone “Questo amore” e che hanno partecipato a numerosi Festival di Sanremo, piazzandosi due volte al 2º posto, nel 1970 e nel 1971, e una volta al 5º, nel 1981, vincendone uno nel 1985 con il brano “Se m’innamoro” e che diversi loro brani sono stati scelti come sigle di popolari trasmissioni televisive e di famosi spot televisivi.

Franco Gatti,  Angela Brambati e Angelo Sotgiu hanno dato alle stampe “Perdutamente amore“, raccolta composta da 12 canzoni di cui 8 grandi successi e 4 inediti, ripetendo un po’ l’esperienza di “Parla col cuore“, altro album ibrido che conteneva alcuni successi e 6 brani inediti.

Le canzoni di successo contenute in questo album ibrido sono state tutte reinterpretate e riviste in chiave più moderna… a tratti troppo. Le loro canzoni (che ricordiamo scritte da due grandi autori italiani come Cristiano Minellono e Dario Farina) sono in alcuni casi ormai un totem della musica italiana e il sentirle rinverdite in maniera così decisa e con la formula della dance pop ha un effetto finale tra lo straniante e lo stupito.

Ricchi e Poveri - "Perdutamente amore" - Artwork
Ricchi e Poveri – “Perdutamente amore” – Artwork

Per carità, nulla da dire sulla bravura dei tre cantanti, che resta sempre per un qualche miracolo immutata nel tempo, ma analizzando i nuovi singoli, “Amore odio“, la title track (nate entrambe dal connubio tra il compositore genovese Andrea Vialardi e il componente del gruppo Angelo Sotgiu), “Musica vita mia” e “Dimmi che mi ami” questi brani sono inediti per modo di dire, in quanto sembra di ascoltare canzoni di anni fa… sarà l’impasto vocale, sarà la struttura delle canzoni, sarà la scelta dell’alternarsi delle voci ma sembra di fare un tuffo nel passato.

Tuffo ahimè confermato dalla presenza di ben 8 canzoni che hanno fatto la storia del gruppo e in gran parte della musica italiana come “Come Vorrei“, “Mamma Maria“, “Acapulco“, “Sarà perché ti amo“, “Voulez Vous Dancer” e “Made In Italy” (manca incredibilmente “Che sarà“): sembra di aver dato una rispolverata ad un vecchio jukebox, di aver dato una spruzzata di elettronica ad una manciata di canzoni e di averle messe in un disco.

L’operazione del disco ibrido purtroppo non premia il trio vocale genovese, che si trova impastato nelle paludi del suo stesso marchio di fabbrica senza riuscire in nessun modo ad uscirne e risultando invece a volte anacronistico e ai limiti del trash. Davvero un peccato per un gruppo che è stato la musica italiana per molti anni.

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