Guignol: “Addio cane!”. La recensione

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Guignol - "Addio Cane!" - Artwork

Realizzato tra febbraio e marzo 2012 nello Studio Casa Medusa di Milano con la produzione artistica e l’apporto di musicisti quali Francesco Campanozzi (Le gros ballon, Fabrizio Coppola, Alessandro Fiori) e Paolo Perego degli Amor Fou, il quarto album dei Guignol, capitanati da Pierfrancesco Adduce (voce e chitarre) e composti da Enrico Berton (batteria), Giulio Sagone (basso) e Alberto de Marinis (chitarra, basso e organo), “Addio cane!” è stato masterizzato da Tommaso Bianchi al White Studio di Firenze.

Il disco è una sorta di viaggio nella vita attuale e nella generazione moderna in chiave onirica e artistica, utilizzando come linguaggio musicale il blues, il rock e il lo-fi. In 11 canzoni “Addio Cane!” parla di oggi, delle paure e delle speranze, delle periferie urbane e dei luoghi della mente, attraverso figure spesso animali (il cane o la scimmia) per descrivere questo presente.

“Addio Cane” parte con “Quello che vi dirò“, un rock guidato da una linea profonda di basso che ricorda alcune canzoni dei Sonic Youth e con un testo molto particolare. Il disco prosegue con le atmosfere avvolgenti del “Blues del buco“, dove si varia dal blues ad un rock psichedelico e strumentale.

La musica del disco cambia grazie alle maracas e allo xilofono di “In omaggio il tuo Dio“, una sorta di confessione intima di un moderno Pinocchio che va nel suo Paese dei Balocchi. Il problema è che spesso ci si trova poi dopo “In nessun luogo“, con una marcia incessante che ci guida a mettersi in coda in un corteo verso nessun luogo, appunto.

cover guignol
Guignol – “Addio Cane!” – Artwork

Continuiamo l’ascolto del disco e ci imbattiamo in “Un giorno fra i tanti“, canzone dal bel ritmo blues-rock (una delle migliori del disco) e che ha anche un ritornello accattivante. Ma è un attimo e siamo trascinati via dal ritmo trascinante della batteria, del basso e di una chitarra slappata de “Il torto“, canzone che induce subito al ballo e all’air playing e che fa pensare ai torti del mondo.

Un basso dal suono cattivo e una voce narrante ci parlano di “Padri e madri“, in un piccolo quadro familiare tra rancori e odi, vanità e bugie, una scena fin troppo nota per moltissimi ragazzi. Ragazzi che spesso si trovano a giocare a “Girotondo“, un girotondo dove però talvolta non casca la terra, ma a cadere sono le tue convinzioni e le tue idee, il tutto con un suono cupo e veloce che richiama molto il lo-fi americano degli anni Novanta.

L’album termina con tre brani che potremmo definire “la trilogia animale” del disco: infatti i brani si chiamano “Cani e figli tuoi“, “La scimmia” e “Addio Cane!“. “Cani e figli tuoi” è un bel blues-rock che fa un affresco dell’Italia politica di oggi e delle sue miserie, “La scimmia” si affida alla linea di basso per affondare nelle pieghe dell’animo e parlare della dualità dell’uomo mentre “Addio Cane!”, la canzone che dà il titolo al disco, è un dialogo tra un uomo ed il suo cane scandito dal rumore di una pendola, come la fine di un percorso, come le parole che recitano “Addio Cane, buon viaggio“.

Il disco è un disco suonato molto bene, al confine tra il blues-rock e un certo lo-fi che sconfinava nel grunge proprio di gruppi come i Sonic Youth. Ed è un disco coraggioso, soprattutto per il percorso affrontato e per i testi, molto carichi di figure retoriche e metafore, che per questo motivo in alcuni momenti risultano un po’ difficili da seguire nel cantato (che a volte sfocia quasi nel narrato) o da comprendere. Un disco a tratti duro, a tratti esistenzialista. Un disco da ascoltare più volte per capirne fino in fondo il senso.

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