Se l’unione è simbolo di (r)esistenza allora i 99 Posse ne sono la chiara esemplificazione. Sono passati più di 20 anni dai primi concerti sul palco dell’Officina 99, chi scrive era ancora in erba, ma già assaporava il dolce soffio di rivoluzione che una moltitudine di persone possono creare. Insieme. Nel bel mezzo di un’arena, all’esterno, cioè. Dove la Mostra d’Oltremare – il Forum delle Culture per la precisione – poteva optare per uno spazio ancor più grande, ci hanno comunque pensato le 20mila e più persone presenti l’altra sera a Napoli, ultima tappa di questo tour. In giro per l’Italia e persone che arrivano da tutte le parti d’Italia.
“Siamo sempre e comunque una provincia” ribadisce Luca Persico dal palco, per gli amici O’ Zulù, e se così è allora questa è una provincia che (r)esiste. Tanti amici sul palco, da Mama Marjas al giovanissimo Valerio Jovine, passando per Clementino, Roy Paci, i Sangue Mostro, J-Ax e l’eclettico Caparezza che si lascia andare sul palco, trasportato dall’energia che solo una platea eterogenea sa regalare. E poi Enzo Avitabile. Accolto da una standing ovation dai presenti – sul palco e non – a ribadire il concetto che, magari, si è sempre provinciali di qualcuno.
Con Francesco Di Bella, il bello dalla voce graffiante, comincia il concerto sulle note di “1-2-3-4” mentre fa il suo ingresso in scena Mama Marjas che accompagnerà questi ragazzi fino alla fine. Con la sola voce, come arma prima di “schiattare”. “Odio/Rappresaglia”, “Curre Curre Guagliò 2.0”, “Stato d’Emergenza” mentre la platea non si ferma un attimo, tutti in coro, e il flusso di anime non si ferma. Il tempo per “Napulitan” con Valerio Jovine è arrivato.
“Napolinapolinapoli” con Enzo Avitabile e la platea rapita dalle note e l’atmosfera frizzante, ma non è ancora tempo per “O’ Documento”, “University of Secondigliano”, “Tarantelle pè Campà”, “Vulesse”. Quelle arriveranno con l’ingresso in scena di Caparezza, J-Ax, quei sacri mostri di Sangue Mostro ora è il tempo di far ripartire questo treno, un tempo fermo in stazione. “Stop that Train” è il grido che unisce la platea con i cittadini della Val di Susa “nun ce serve st’alta velocità…!” ; tutto sembra possibile, anche per un solo momento. E non è un caso.
Si sente il pubblico, si sente, la canzoni cantate rima per rima, parola per parola, dai più piccoli accompagnati dai genitori, ai ragazzi. Agli adulti. Generazioni a confronto per una sola notte, per 2 ore e 30 minuti di tripudio dove ognuno ha potuto cantare “sono libero…pero’ me sento ‘e schiattà”.
Non è questo il caso di costruire miti e leggende, ma di guardare in faccia la realtà per come si presenta. Siamo sempre più diretti verso la solitudine, forse verso l’auto-distruzione di massa, ma per una notte, anche solo una, i 99 Posse e tutti gli amici/ospiti ci hanno fatto capire che insieme si può fare. Anche dopo 20 anni. E allora tutto ritorna all’origine delle origini: l’unione è simbolo di (r)esistenza. E tant’è.